Guigo I (1083 - 1136)

 

 

 

 

Guigo I nacque nel 1081 da nobile famiglia nel castello del villaggio di St. Romain-de-Mordanne, allora diocesi di Valenza, a circa 80 km dalla Gran Certosa. Nulla si sa della sua infanzia e dei suoi studi, ma la vasta cultura che traspare dai suoi scritti fa supporre che abbia avuto una formazione accurata prima della sa entrata in religione. A 23 anni, nel 1106, entrò in Certosa e dopo soli tre anni, alla morte del priore Giovanni di Toscana, fu eletto suo successore dalla comunità, restando in carica fino alla morte. Durante il suo governo l'Ordine certosino si consolidò definitivamente e incominciarono le fondazioni di nuove certose. Anzitutto, per proteggere maggiormente la solitudine dell'eremo, con l'aiuto di S. Ugo vescovo di Grenoble, regolò e ampliò i possedimenti del monastero. Quando poi, il 30 gennaio 1132, una enorme valanga distrusse il monastero, uccidendo anche sei monaci e un novizio, Guigo prese la risoluzione di ricostruire l'edificio in un luogo più adatto, al sicuro da ogni nuova valanga, trasferendo la costruzione dove si trova ancora oggi. Per desiderio dei priori delle prime certose e per sollecitazione di S. Ugo, Giogo, tra il 1121 e il 1127/28 compose le Consuetudines Cartusiae, dando così all'Ordine certosino la sua prima. E fondamentale legislazione, il cui testo fu approvato da Innocenzo II, il 22 dicembre 1133.

Molto colto, amava i libri, nutrimento dell’anima e volle che i suoi monaci dedicassero parte della loro giornata a copiare manoscritti. Mostrò uno zelo infaticabile nel ricercare dei libri autentici per copiarli e correggerli. Curò anche personalmente un'edizione critica delle lettere di S. Girolamo; e mise insieme una ricca biblioteca che formò l’ammirazione dei suoi contemporanei. Riordinò anche l'Antifonario, secondo criteri di semplicità richiesti dalla particolare vocazione eremitica certosina.

Quest'uomo eccezionale, dall'intelligenza penetrante, memoria eccellente, dalla parola ammirabile, efficacissimo nell'esortare, godette la stima e l’amicizia di alcuni tra i più illustri dei suoi contemporanei. Anzitutto dello stesso papa Innocenzo II, del cardinale Aimerico, cancelliere della Chiesa, che nel marzo 1132 visitò la Certosa e contrasse con Guigo una stretta amicizia. Grande fu pure la stima e l'affetto verso Guigo di Pietro il Venerabile, celebre abate di Cluny, e di S. Bernardo che nel 1123 si recò personalmente a far visita al venerato priore di Certosa. Guigo morì ancora giovane all'età di 53 anni, il 27 luglio 1136, dopo 27 anni di governo, lasciando dietro di sé fama di santità, tanto da essere chiamato e onorato col titolo di ”venerabile” e di “beato”.

Guigo è autore di vari scritti; l’elenco delle sue opere comprende le Consuetudines Cartusiae, le Meditationes, la Vita S. Hugonis episcopi Gratianopolitani, e alcune Epistolae. Tra gli autori del XII secolo, Guigo è uno dei più notevoli per la concisione dello stile, unico nel suo genere. I suoi scriitti, per la loro sintetica brevità, sono davvero il simbolo del silenzio certosino. In essi ci è trasmesso l’essenziale del pensiero di S. Bruno.

Le “Consuetudini” infatti non sono che la veste legislativa del tipo di vita praticato da Bruno e dai suoi primi compagni, senza nessun mutamento sostanziale. In quest’opera, che merita a Guigo un titolo di riconoscenza imperitura da parte dei certosini, egli rivela una grande esperienza della vita contemplativa in solitudine e una profonda conoscenza delle antiche osservanze monastiche. Nel comporre questo documento, che costituisce ancora oggi il nucleo fondamentale degli Statuti certosini, Guigo seppe servirsi quasi sempre di testi presi a prestito dalla sapienza monastica dei secoli passati, facendo dei ritocchi quando gli sembrava necessario per adattare il testo al genere di vita proprio dei certosini. Questa libertà nell’uso delle fonti conferisce all'opera legislativa di Guigo una notevole originalità; le “Consuetudini”, terminate nel 1127/28, furono adottate da tutte le certose.

Le Meditationes che A. Wilmart considera l’opera forse più originale della prima metà del XII secolo, sono una raccolta di pensieri intimi, scritti in un perfetto latino estremamente conciso e penetrante probabilmente nei primi anni di priorato. In queste pagine troppo dimenticate, ma di una straordinaria bellezza Guigo, con uno stile semplice e puro, con una padronanza perfetta dell' arte così difficile di limare e cesellare un pensiero, ci ha lasciato l'immagine commovente della sua vita interiore. Da queste righe traspare un‘anima tutta impegnata nello sforzo continuo di spogliamento di sé e del creato per aderire con amore indiviso a Dio solo, ma si rivela anche, a sua insaputa, l’immagine del priore attento e sollecito a. condurre verso Dio le anime dei suoi figli con uno sforzo di comprensione e una inalterabile bontà.

Le Epistolae giunte fino a noi sono nove: la prima “a un amico sconosciuto” ritorna sul tema caro a Guigo e fondamentale nella sua spiritualità, ossia la ricerca di Dio nella solitudine. Delle altre, le  lettere 3, 4,.5, 6 mettono in rilievo un aspetto poco conosciuto della sua personalità, ossia l'ardente amore verso la Chiesa di questo monaco eremita, innamorato della solitudine e. del nascondimento. Questa Chiesa che al suo tempo era lacerata era lacerata dallo scisma di Anacleto II, Guigo la vorrebbe pura da ogni compromesso con le miserie del mondo. Egli invita ciascuno a riformare i propri costumi, perché così la Chiesa ritroverà la sua purezza.

La Vita di S. Ugo fu scritta da Guigo su richiesta di Papa Innocenzo II che aveva canonizzato il vescovo di Grenoble al Concilio di Pisa del 1134. Questa Vita fu scritta negli ultimi anni di Guigo (1134-6), e si distingue dalle opere agiografiche del tempo per sobrietà e cura della precisione.