Beato Niccolò Albergati (1375 - 1443)

 

 

 

Nacque a Bologna nel 1375 da una nobile famiglia; studiò per nove anni giurisprudenza nella celebre università della sua città, e quando, nel 1395, era ormai prossimo alla fine degli studi, abbandonò tutto per entrare nella certosa di S. Girolamo di Casara presso Bologna. Nel 1196, a 21 anni, fece la sua professione monastica, nel 1404 ricevette il sacerdozio e nel 1407, a soli 32 anni, fu eletto priore dalla sua comunità. Il 4 gennaio l4l7 fu acclamato vescovo di Bologna dai rappresentanti del popolo e il giorno successivo, 5 gennaio, fu eletto canonicamente dal Capitolo della cattedrale. Dopo aver tentato di rifiutare la nomina, l'Albergati, su ordine del suo P. Generale. accettò per obbedienza l’episcopato.

 

Anche da vescovo, e successivamente da cardinale, non mutò in nulla l'austerità delle osservanze certosine: Nemmeno nelle sue frequenti malattie e neppure nell'ultimo periodo della sua vita mangiò carne. Si alzava nel cuore della notte per dedicarsi alla preghiera, non usava vesti raffinate, ma portava sempre il cilicio sulla carne, dormiva sulla paglia e si dedicava ad un continuo studio della Scrittura. Il primo atto del suo episcopato fu l'indizione quasi immediata (settembre 1417) della prima visita pastorale della diocesi, che in seguito ripeté più volte. Convocò e celebrò, dopo la visita pastorale, il Sinodo diocesano in cui promulgò vari decreti di riforma, soprattutto riguardanti la vita del clero e i benefici ecclesiastici, dove tolse energicamente tutti gli abusi.

 

Per la formazione dei giovani aspiranti al sacerdozio, specialmente dei più poveri, precorrendo i moderni seminari, fondò una scuola  presso l'arcivescovado, dotandola di una ricca biblioteca che volle fosse aperta al pubblico. Al fine di curare l'istruzione e ravvivare la pietà popolare fondo o incrementò confraternite di sacerdoti e di laici, e fu il primo vescovo di Bologna che diede inizio (giugno 1433) alla tradizione, ancora in uso, di trasportare solennemente in città l'immagine della Madonna di S. Luca dal santuario che sovrasta là città. Personalmente era povero e i beni della Chiesa bolognese li usava soprattutto per il soccorso dei poveri e per la sistemazione delle chiese e degli altri edifici sacri. Non contento di aiutare i poveri che si rivolgevano a lui, faceva cercare nascostamente i poveri che si vergognavano di chiedere l'elemosina e segretamente li aiutava con aiuti in denaro e in grano che mandava alle loro case.

 

Nel 1422 incominciò per l'Albergati il periodo delle grandi missioni diplomatiche a favore della pace in Italia e in Europa di cui fu via via incaricato dai pontefici Martino V ed Eugenio IV e in cui spenderà senza risparmiarsi tutta l'ultima parte della sua vita. Oltremodo prudente ed abile, seppe eseguire con destrezza e successo una quantità di difficilissime missioni senza mai allontanarsi anche in politica dalla via della più rigorosa giustizia. Fu inviato per tre volte nell'Italia del nord per stipulare la pace tra Venezia, Milano e Firenze, e dopo laboriosissime trattative riuscì a far firmare la pace di Venezia (10 dicembre 1426) e poi, dopo la rottura di questo accordo, concluse un nuovo trattato il 19 aprile 1428 (pace di Ferrara). Per tre volte fu mandato in Francia per cercare di mettere fine alla guerra dei cent'anni che opponeva la Francia all'Inghilterra e Borgogna, e spetta a lui un grande merito nella memorabile conclusione della pace del 21 settembre 1435 (pace di Arras) con cui la Francia fu riconciliata col duca Filippo il Buono di Borgogna. Dopo la prima legazione in Francia (1422) il papa Martino V l'aveva nominato (24 maggio 1426) cardinale del titolo di S. Croce in Gerusalemme.

 

Oltre a missioni propriamente diplomatiche, il cardinale Albergati fu incaricato da Eugenio IV, succeduto il 13 marzo l43l a Martino V, anche di importanti legazioni di carattere religioso. Lo inviò per due volte (1433 e 1436) a presiedere come suo rappresentante il concilio di Basilea che era in contrasto col pontefice, ma nonostante tutti gli sforzi del cardinale Albergati, questi non poté evitare che la tensione fra il papa e il concilio giungesse ad un punto di rottura. Nel gennaio 1438 Eugenio IV lo nominava presidente del concilio che a Ferrara avrebbe trattato della riunione fra la Chiesa orientale e quella latina. L'Albergati lo aprì solennemente l'8 gennaio 1438, e lo diresse finché giunse il papa in persona a prenderne la presidenza. Trasferito il concilio poi a Firenze, fu tra i Padri che sottoscrissero la Bolla Laetentur caelit che sanciva l'unione delle Chiese greca e latina.

 

Nel 1441 partì con il papa e la curia da Firenze alla volta di Roma, ma durante la sosta a Siena subì un ultimo attacco del suo male, e dopo atroci sofferenze spirò al tramonto del 9 maggio 1443. Eugenio IV in persona volle presenziare alla sue esequie celebrate l'11 maggio a Siena con la partecipazione della curia; fu sepolto su suo desiderio nella certosa di S. Lorenzo a Firenze, dove era priore un suo intimo amico e dove ancora oggi si venera il suo corpo.

Il suo culto, iniziato subito dopo la morte, fu riconosciuto ufficialmente da Benedetto XIV nel 1744; Giovanni XXIII ne auspicò la canonizzazione.

 

Uomo colto, che dedicava il poco tempo libero agli studi umanistici, il cardinale Albergati fu in rapporto con letterati e umanisti del suo tempo. Dal l42l ebbe come fedelissimo segretario Tommaso Parentucelli da Sarzana, che gli sarà vicino fino alla morte. Ebbe anche tra i suoi familiari Enea Silvio Piccolomini (che diventerà papa Pio II); fu amico del celebre Generale dei camaldolesi Ambrogio Traversari, accordò la sua protezione a Poggio Bracciolini, che gli reciterà l'orazione funebre, a Francesco Filelfo, che gli dedicò alcune sue traduzioni dal greco, e a Jacopo Zeno poi vescovo di Feltre, che conobbe a Firenze durante il concilio e che fu il suo primo biografo.

 

Gli antichi biografi del cardinale gli attribuiscono la composizione di parecchi scritti, oggi purtroppo tutti perduti. Le sue lettere, che sono giunte fino a noi, riguardano soprattutto la sua attività pastorale e politica. I Bollandisti gli attribuiscono anche un manoscritto che il cardinale Albergati donò alla certosa di Firenze, in cui si tratta della processione dello Spirito Santo, probabilmente eco delle discussioni del concilio di Firenze dove questo problema teologico fu il punto più controverso.