Visita di Bartolomeo I
Patriarca ecumenico di Costantinopoli
alla Certosa di Serra San Bruno
21 marzo 2001

 

 

 

Santità, venerabili Metropoliti, Eccellenza reverendissima, Archimandriti, reverendi Padri e Fratelli in Cristo,

 Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre.

Noi umili monaci certosini, vogliamo benedire il Signore perché, in questo momento, sentiamo in modo particolare la benevolenza della sua grazia:

ci conferisce il dono di ricevere tra noi sua Santità, che presiede alla Chiesa di Costantinopoli, la chiesa dell’apostolo sant’Andrea. 

Nell’itinerario del suo pellegrinaggio nei luoghi calabresi di tradizione greca, Lei ha voluto inserire una sosta nella Certosa, fondata dal nostro padre san Bruno più di novecento anni fa. Grande è la nostra gioia, perché grande è il dono del Signore. Benedetto il Suo nome glorioso per sempre.

Santità, la sua visita, che avviene per la Provvidenza divina il giorno in cui la Chiesa latina celebra il transito di san Benedetto, costituisce una luminosa testimonianza: testimonia che il monachesimo può essere un meraviglioso ponte di fraternità tra le Chiese di Dio. L’Occidente ha ricevuto la vita monastica dall’Oriente e nulla, malgrado le lacerazioni, le incomprensioni, le divergenze, nulla è riuscito a distruggere questo patrimonio comune.

Come ricordava il Metropolita Emilianos di Silyvria, in occasione di un incontro sul monachesimo tra oriente e occidente, “tutti scaturiamo dalla stessa sorgente e attingiamo alle stesse radici”. 

Noi certosini ci consideriamo umilmente come un innesto del grand’albero dell’antico monachesimo. Bruno, di cui custodiamo le sante reliquie, seguì infatti la luce dell’oriente, ossia quella di Antonio, di Macario l’egiziano, di Sisoes e di tanti altri monaci che, ardenti d'amore per il ricordo del Sangue che il Signore aveva versato, popolarono i deserti per professarvi la vita solitaria e la povertà di spirito.

Per due volte, Bruno rifiutò di diventare vescovo e si ritirò nel deserto per cercare Dio solo. In una breve lettera attesta quanta utilità e gioia divina rechino la solitudine e il silenzio dell’eremo a chi ne fa l’esperienza. Di questa vita solitaria che vogliamo, con l’aiuto divino, condurre ancora oggi troviamo un’adeguata definizione nelle parole di Giovanni Climaco: “stare in continua adorazione di Dio, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al respiro”. Allora, continua il Climaco, “potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia”.

Ma il deserto è anche il luogo della lotta. Bruno parla del combattimento faticoso che soli uomini forti, veri atleti di Dio, possono affrontare. L’anacoreta è impegnato in una guerra senza tregua contro i logismoi per poter fissare in Dio i pensieri e gli affetti con semplicità e purezza di cuore. Per mezzo di questa lotta ascetica il monaco si trasforma, si libera; nella solitudine della cella, il suo cuore si dilata tanto da poter abbracciare l’universo intero. Sono davvero adatte al certosino le parole d’Isacco il Siro: “Allontanati dal mondo intero con il corpo, ma unisciti al mondo intero con il cuore… Sii amico di ogni uomo, ma solitario nel tuo pensiero”. Bruno era talmente affascinato dalla Bontà di Dio che diventò lui stesso tutto bontà, tenerezza, misericordia; i suoi primi discepoli hanno scritto che “era sempre festoso in volto, insieme col vigore di un padre mostrava l’affetto di una madre”.

Noi suoi indegni figli, benché nascosti nel deserto e separati da tutti, benché piccoli e peccatori, senza funzione visibile nella chiesa e per questo a volte incompresi, vogliamo essere, nel nostro cuore, uniti a tutti. Tra questa moltitudine, occupano senz’altro un posto privilegiato, date le nostre radici comuni, i nostri fratelli monaci della chiesa sorella d’Oriente, in specie quelli presenti in Calabria.

Aspirando e pregando affinché venga il giorno in cui potremo bere allo stesso santo calice, siamo convinti che il cammino verso il dono della piena comunione tra le nostre chiese si percorre innanzi tutto con la preghiera e la conversione del cuore, per cui i monaci dovrebbero essere in prima linea sulla via della riconciliazione. Il Signore ci perdoni le nostre mancanze e i nostri peccati. Possa questo incontro odierno riaffermare il nostro impegno reciproco. La preghiera comune davanti alle Sante Reliquie di questo Eremo renda più vicino il traguardo dell’unità, affinché si compiano le parole di Gesù Cristo all’ora della passione: “Tutti siano una sola cosa”.

Santità, ringraziandola sentitamente per la sua visita, Le assicuro, a nome dei miei fratelli che Le presenterò in seguito uno per uno, che da oggi pregheremo con un fervore nuovo per la sua persona, per il suo ministero ecumenico, per la chiesa di Costantinopoli e tutte le sante chiese ortodosse. A lode della gloria della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Dóxa tô Theô!

Dom Jacques Dupont

Priore della Certosa di Serra San Bruno