Messaggio dei Vescovi calabresi
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I1 6 ottobre 1101, nell'eremo di S. Maria della Torre, nelle Serre calabresi, si spegneva serenamente un santo uomo chiamato Bruno. Circa 11 anni prima, con alcuni suoi seguaci, si era stabilito in quei boschi dove appena filtra la luce del sole, tra altissimi abeti ed altri foltissimi alberi. Ispirandosi ai Padri del deserto, ciascuno viveva in una celletta dove attendeva giorno e notte alla preghiera e alla lode di Dio. Bruno aveva scelto di ritirarsi nella solitudine per servire Dio solo, rifiutando la sede arcivescovile di Reggio Calabria. Prima egli era stato un famoso maestro della scuola di Reims, poi il fondatore dell'eremo di Chartreuse, presso Grenoble, e in seguito il consigliere del Papa Urbano II, già suo alunno. Sono trascorsi nove secoli dalla sua santa morte, eppure S. Bruno rimane una delle figure di santità più significative della nostra terra di Calabria. L'eremo di Santa Maria (oggi chiamato Santa Maria del Bosco) è meta costante di pellegrinaggi. Le celebrazioni nel giorno anniversario della morte del santo e quelle che ricordano la traslazione delle sue reliquie riuniscono ogni anno un gran numero di fedeli. Perfino il paese, sorto nelle vicinanze dell'eremo, porta il suo nome, custodendone con fede e devozione la memoria. Sempre in quei luoghi, inoltre, vivono i monaci certosini, che si sforzano di attuare, nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera, lo spirito di amore che animava il grande uomo di Dio.
L’amore
totale per il Signore, vissuto in profondità da Bruno, ne fa un
grande santo, e tuttavia egli non resta distante ed inaccessibile a
tutti noi. Anzi ciò che attira tanta gente per chiedere il suo
aiuto, per imparare da lui le vie della contemplazione o soltanto
per attingere pace e serenità dal suo volto di tenerezza, non è il
celebre e dotto maestro, neanche il saggio consigliere papale, ma il
monaco che, entrando sempre più nell'intimità del Signore,
riconosce in tutti i suoi fratelli l'immagine di Dio, divenendo a
sua volta egli stesso immagine di Dio per loro. La sua santità,
lungi dal creare barriere, ha invece trasformato davvero in un luogo
di comunione quella discreta e silenziosa presenza, come d'altra
parte testimoniano puntualmente tanti altri santi monaci della
nostra terra. E ora che Bruno è definitivamente nascosto nel cuore
infinito di Dio, la sua testimonianza d'amore è più forte e viva
che mai: come "lampada che illumina tutti quelli che sono nella
casa", la sua vita ha ancora molto da dire a noi che siamo
entrati in un nuovo millennio, vivendo in una terra che, per andare
avanti, non deve perdere, ma piuttosto ritrovare, in modo sempre
nuovo, le sue radici.
Quali
doni, dunque, ci ha fatto e ci fa il Signore attraverso questo santo
"regalato" alla nostra regione, piuttosto abituata a veder
partire i suoi figli che a riceverne da altre? Quali spinte attuali
ci giungono da questo umile, e perciò grande, uomo? Certo, non si
fatica a ritrovare il centro della sua esistenza spirituale in
quella domanda che immancabilmente continua a porre ad ogni uomo che
lo incontra: “Quale altro bene vi è se non Dio solo?”. Alcuni
documenti subito dopo la sua morte confermano questa sua scelta di
fondo: "Tutto pospose a Cristo"; "Preferì vivere
povero per Cristo che ricco per il mondo, osservando così in
pienezza i comandamenti di Dio". Come sfrondiamo i rami quando
vogliamo procedere in un bosco folto, Bruno si libera di tutto ciò
che può inceppare il suo camminare verso il Signore. Né i luoghi né
le persone possono trattenerlo. Colonia, Reims, Sèche-Fontaine,
Grenoble, Roma, fino alle Serre calabresi, tante tappe di un
itinerario geografico che riflette un impegnativo pellegrinaggio
interiore: lasciare tutto ciò che è mutevole e superficiale per
rientrare nel proprio cuore e aderire a Dio e al suo progetto
d'amore.
Bruno
è libero perché ha posto la sua fiducia in Colui che lo ama.
Scegliere Dio, metterlo al primo posto: non è forse questa la più
grande libertà che è offerta all'uomo? Certo, non a tutti è
chiesto di lasciare ogni cosa per il Signore, ma Bruno ricorda a
tutti indistintamente che "non si possono servire due padroni".
E se nella nostra terra forme più o meno antiche di asservimento e
di soggezione, poco rispettose della dignità umana, hanno avuto, e
purtroppo continuano ad avere, il loro peso, non si devono
sottovalutare le nuove forme che oggi vi si affiancano, più sottili
e subdole, perché a volte si presentano sotto le sembianze di un
necessario progresso. Tutti noi credenti ci sentiamo invitati da
Bruno a trovare in Cristo la misura di ogni autentico e vero bene.
Altrimenti finiremo, più o meno avvertitamente, con il riproporre o
l'avallare uso ed abuso di cose e persone, in quelle forme antiche e
nuove che promettono paradisi di felicità e invece scavano inferni
sempre più profondi di disagio, di tristezza, di povertà e di
ingiustizia.
E’
vero che la bontà divina non è sempre manifesta; a volte, anzi,
sembra che Dio sia assente, ed è difficile pronunciare le parole
che Gesù ci ha insegnato: "Padre, sia fatta la tua volontà".
Bruno stesso ha dovuto affrontare tante difficoltà sul suo cammino.
La sua vita, comunque, non comporta fatti straordinari: le fonti
sicure non parlano di miracoli o di prodigi che abbia compiuto e
neanche di visioni o di apparizioni. Bruno vive della fede, di una
fede così profonda per cui egli si getta in Dio e aspetta tutto da
Lui con una fiducia assoluta. Anche quando si è nella notte più
oscura, rimane nel profondo del cuore un desiderio nascosto, un
qualcosa che chiama verso il cielo. E' proprio in questo che Bruno
si rivela più vicino alla fede schietta e semplice, spesso
sofferta, della gente di Calabria e ci spinge perciò a non
abbandonare o dimenticare la preghiera: non quella occasionale, che
cerca e chiede interventi straordinari di Dio, ma quella che
accompagna tutto lo scorrere dei giorni e fa che Dio non resti una
bella parola, o un'idea astratta, o al più un passeggero
sentimento, ma sia la presenza d'amore e di luce che dà senso ed
interpreta tutti i colori, chiari o scuri, di cui la nostra vita è
come intessuta. Nella settimana che precedette la sua morte, Bruno volle professare solennemente la sua fede. "Sapendo che era giunta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre, convocò i suoi fratelli e ricordò tutte le tappe della sua vita. Poi espose, con un ampio e profondo discorso, la sua fede nella Trinità". Preparandosi alla morte, Bruno esamina pubblicamente la sua esistenza. Tale atteggiamento di umiltà non mancò di colpire la comunità, composta di circa cinquanta monaci. La semplicità di Bruno aveva raggiunto il suo culmine nella piena apertura del suo cuore a Dio e agli uomini. L’atto di fede, peraltro, non è una semplice esposizione di verità ma è una testimonianza piena di amore. Come un bambino che si addormenta nelle braccia di suo padre, Bruno si abbandona al Padre, rimettendo un'ultima volta nelle sue mani tutta la sua vita, le sue opere, la sua anima. "La domenica successiva quell'anima santa fu sciolta dalla carne". Il transito avvenne così "nel giorno del Signore", nel giorno in cui si celebra il Cristo Risorto: in Lui, donato per sempre a tutti gli uomini, anche Bruno ci è consegnato come segno fedele dell'amore eterno nel tempo del nostro cammino. Catanzaro, 24 giugno 2001, Natività di S. Giovanni Battista. I
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