Letture della preghiera notturna dei certosini |
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Settimana Santa
112
Lunedì Santo
Dalle Omelie su Ezechiele di Origene. In Ezechielem, Hom.VI,6. PG 13,714‑715.
Il Figlio di Dio è disceso sulla terra per compassione del genere umano. Sì, ha patito le nostre sofferenze ancor prima di aver sofferto la croce, prima di aver preso la nostra carne. Poiché se non avesse patito, non sarebbe venuto a dividere con noi la vita umana. Prima egli ha patito, poi è disceso. Ma quale è questa passione della quale ha sofferto per noi? È la passione dell'amore. E il Padre stesso, il Dio dell'universo, lento all'ira e grande nell'amore, non soffre forse in qualche modo? O forse tu ignori che quando si occupa delle cose umane, egli soffre una passione umana? Egli soffre una passione d'amore. In effetti, nel deserto il Signore tuo Dio ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio. Come il Figlio di Dio ha portato le nostre sofferenze, Dio ci porta nel nostro cammino. Nemmeno il Padre è impassibile. Quando lo preghiamo, ha pietà, e compatisce, conosce qualcosa della passione dell'amore, ha delle "tenerezze" che la sua sovrana maestà sembrerebbe dovergli vietare.
113
Martedì Santo
Dal Commento al Diatessaron di sant'Efrem il siro. Diatessaron, XX,4.7. SC 121,346.348.
Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. Gesù dice questo a motivo della debolezza che ha assunto è perché l'ha assunta realmente, non in apparenza. Se si è fatto piccolo e si è davvero rivestito di fragilità umana, ora nella sua carne non può non tremare ed essere turbato. Giunto il momento della morte, deve compiere quanto dipende dalla fragilità dei mortali. Per diffondere con la sua passione il conforto nei discepoli, il Signore volle entrare nei loro sentimenti. Prese in se stesso la loro paura, per mostrar loro attraverso la somiglianza della sua anima che non bisogna gloriarsi della morte prima di averla subita. Se infatti colui che scacciava ogni paura ha provato spavento e ha chiesto la liberazione che pur sapeva impossibile, quanto più noi dobbiamo perseverare nella preghiera prima della tentazione per esserne liberati quando si presenta. Nell'ora della tentazione il nostro animo è tormentato in tutti i sensi e il pensiero continua a divagare. Ecco perché Gesù è rimasto in preghiera, insegnandoci così che abbiamo bisogno di pregare contro i complotti e le macchinazioni del demonio per padroneggiare con la preghiera fervida, incessante e generosa i dispersi pensieri. Semplicemente per confortare chi prova spavento della morte, Gesù ha esternato la propria paura, perché ognuno sapesse che tale paura non lo induce in peccato, purché egli tenga duro. Non la mia, o Padre. ma la tua volontà sia fatta, egli ha detto,cioè, che muoia per ridare la vita.
114
Mercoledì santo
Da “Lo specchio della carità” di Elredo di Rievaulx. Speculum caritatis, III, 5. PL 195, 582.
Non c’è niente che ci spinga ad amare i nemici – ciò che è la perfezione dell’amore fraterno – quanto la dolce considerazione di quella ammirabile pazienza per cui egli, il più bello tra i figli dell’uomo offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine. Abbandonò se stesso all’obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientemente la croce i chiodi la lancia il fiele e l’aceto, lui in tutto dolce mite e clemente. Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e come un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì la bocca. Orgogliosa impazienza dell’uomo osserva colui che ha sofferto tutto ciò e considera il modo con cui l’ha sopportato. Ci sarebbe più da meditare che da scrivere! Chi al sentire quella voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: Padre, perdonali, non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l’affetto? Padre, perdonali. Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza e di carità a una siffatta preghiera? Tuttavia, il Signore aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. Padre, disse, perdonali, perché non sanno quello che fanno.
Settimana Santa
109
Lunedì
della Settimana Santa Dagli
"inni" di Romano il Melode. inno
36,circa 18. S Ch circa 221s. La
creatura della terra stava per perire di sete; consunta dal calore
infocato, errava nel deserto senz'acqua e, disgraziata, non trovava nulla
per estinguere la sua sete. Allora il mio Salvatore, fonte di ogni bene,
fece scaturire fiumi di vita, esclamando: Dal tuo ventre ti venne la sete;
bevi al mio fianco e non avrai mai più sete. Duplice è il torrente che
ne scaturisce: esso lava e disseta gli uomini insozzati, perché Adamo
ritrovi la gloria. Perciò
nessuno dica che il ventre di Cristo era soltanto quello di un uomo, perché
Cristo era uomo e Dio, ma senza dividersi in due; egli è uno, figlio di
un unico Padre. Lo stesso sofferse, lo stesso non soffrì: lo stesso che
subì la morte e ad essa non fu soggetto: vivente nella sua divinità,
egli muore nel suo corpo come uomo. Di
lui fu figura il patriarca Isacco sul monte: sgozzato nell'agnello,
ridiscese vivo, come il mio Salvatore, perché Adamo ritrovi la gloria. Un'altra
figura di Gesù fu il profeta Giona nel ventre del mostro. Fu inghiottito,
non digerito, come il Signore nel sepolcro; Giona usci dal mostro dopo tre
giorni, così come Cristo dal sepolcro; Giona salvò Ninive con la sua
predicazione, Cristo ha riscattato la terra e il mondo interi. Tutto
quello che ci aveva predetto per mezzo dei profeti, è venuto a compierlo
perché Adamo ritrovi la gloria. Canta,
creatura terrena, celebra colui che ha sofferto, che è morto per te, e
quando fra non molto lo contemplerai vivente, accoglilo nel tuo cuore. Ché
Cristo deve rialzarsi dalla tomba e rinnovarti, o uomo. Preparagli dunque
un'anima pura, perché facendosela sua dimora, il tuo re la renda un
cielo. Ancora pochissimo ed egli verrà a colmare di gioia gli afflitti,
perché Adamo ritrovi la gloria. 110 Martedì
Santo Dal
"Diatessaron" di sant'Efrem il siro. 20,3ss.
S Ch121,345ss. Padre
mio, se è possibile, passi da me questo calice.
(Lc 22,42)
Gesù
dice questo a motivo della debolezza che ha assunto e perché l'ha presa
senza far finta, ma realmente. Se si è fatto piccolo e si è davvero
rivestito di fragilità umana, ora non può nella sua carne non tremare ed
essere turbato. Giunto il momento della morte, deve quindi compiere quanto
dipende dalla fragilità mortale. Per diffondere con la sua passione il conforto nei discepoli, il Signore volle entrare nei loro sentimenti. Prese in sé stesso la loro paura, per mostrar loro attraverso la somiglianza della sua anima, che non bisogna gloriarsi della morte prima di averla subita. Se infatti colui che non teme ha avuto paura e ha chiesto di essere liberato, benché sapesse che ciò era impossibile, quanto più è necessario che gli altri perseverino nella preghiera prima della tentazione, per esserne liberati quand'essa si presenta. Nell'ora
della tentazione i nostri animi sono tormentati in tutti i sensi e il
pensiero continua a divagare. Ecco perché Gesù è rimasto in preghiera,
insegnandoci così che abbiamo bisogno di pregare contro i complotti e le
macchinazioni del demonio per poter padroneggiare con la preghiera fervida
e incessante e generosa i dispersi pensieri. Semplicemente per confortare
chi ha spavento della morte, Gesù ha esternato la propria paura, perché
ognuno sapesse che tale paura non lo induce in peccato se essa non perdura
a lungo. Non la mia, o Padre, ma la
tua volontà sia fatta, (Lc
22,42) egli
ha detto, ossia che io muoia, per ridare la vita a molti. 111 Mercoledì
Santo Dagli
"Scritti" di san Massimo il Confessore. Teol.Pol.,6,
PC 91,1113, PC 90,808.1108. Colui
che per noi è diventato simile a noi diceva a Dio suo Padre: Non la mia,
ma la tua volontà (Lc
22,42),
volendo Lui che era Dio per natura, compiere anche come uomo la volontà
del Padre. Se
egli si consegnò liberamente come colpevole alla Passione e alla morte,
facendosi responsabile per noi che eravamo veramente meritevoli di
soffrire fino
alla morte,
è chiaro che Egli ci ha amati più di sé stesso. E' lampante che ha
scelto, in quanto più che buono, gli oltraggi nel momento voluto per
l'economia della nostra salvezza; li ha preferiti agli onori dovuti alla
sua propria gloria, secondo la natura. Il
perfido serpente inspirò il suo veleno mediante la disobbedienza dei
primi creati ed essi morirono a causa del peccato. Allora il nostro
Signore e Dio per suo amore verso di noi, fu innalzato sulla preziosa
croce. Trafiggendo il petto, ci dona la vita eterna, attraverso la nube
dello Spirito Santo. Chi
conosce il mistero della croce e del sepolcro, conosce anche le ragioni
essenziali di tutte le cose create. |
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