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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

 

Quarta settimana di Quaresima

 

Vittoria sul male

 

L'impegno nell'amore e nella verità (105) e il fulcro del combattimento per giungere alla libertà spirituale (101). Impugnando le armi dell'umiltà, della compunzione e della preghiera (104. 106) riusciamo a superare il torpore e lo scoraggiamento (104). Ma sarà soprattutto la speranza in Dio a trionfare su ogni forma di dissipazione (102).Alla lotta segue immancabilmente la pace che ci rende figli dell'Altissimo (103. 104).

 

 

101

 

Lunedì

 

Dalle Omelie sull'Esodo di Origene.

Homélies sur l'Exode, XII, 4 SC 16,253‑255.

 

Il Signore e lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c’è libertà”. Come potremo trovare questa libertà noi che siamo schiavi del mondo, schiavi delle comodità, succubi dei desideri istintivi? È vero, però, che mi sforzo di correggermi, mi giudico, condanno le mie colpe. I miei ascoltatori, da parte loro, esaminino quel che pensano nel proprio cuore.

Lo dico di sfuggita, finché sono legato da uno di questi vincoli, non mi sono convertito al Signore, non ho raggiunto la vera libertà, dal momento che simili faccende e preoccupazioni sono ancora capaci di coinvolgermi. Sono schiavo del cruccio o dell'affare che tiene il mio cuore prigioniero. Come sappiamo, sta scritto che uno e schiavo di ciò che Il ha vinto.

Anche se la passione per il denaro non mi domina, anche se la cura di beni o di ricchezze non mi attanaglia,

rimango tuttavia avido di lodi e bramo il successo quando tengo conto della faccia che mi mostra la gente. Mi cruccio di sapere ciò che il tale pensa di me, come mi stima il tal altro, oppure temo dispiacere a questa persona e desidero piacere a quella. Finche ho tutte queste preoccupazioni, sono loro schiavo.

Eppure vorrei fare lo sforzo per liberarmene e pervenire alla libertà di cui parla l'Apostolo: Siete stati chiamati a libertà. Non fatevi schiavi degli uomini! Ma chi mi aiuterà a svincolarmi così? Chi mi libererà da questa vergognosa schiavitù se non colui che ha detto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero?

Serviamo e amiamo perciò fedelmente il Signore nostro Dio, per ottenere di ricevere in Cristo Gesù il dono della libertà.

 

102

 

Martedì

                                     

Dal "Discorso utilissimo" sull’abate Filemone.

Filocalia, Torino,1983,voI.2°,360.364‑365.

 

Un fratello, di nome Giovanni, venne dalla regione della costa per visitare il santo e grande padre Filemone. Abbracciatigli i piedi, gli disse: "Che cosa devo fare, padre, per essere salvato? Perché vedo che il mio intelletto vaga qua e la verso ciò che non deve".

E quello, indugiando un poco, disse: "Osserva con ogni tua forza di non fare nulla secondo la volontà di piacere agli uomini; ma se lotti contro la passione, non abbatterti e non perderti d'animo anche se la guerra permane. Piuttosto levati in piedi e géttati davanti a Dio, dicendo di tutto il cuore con il profeta: Signore. giudica chi mi accusa, perché io non ho la forza contro di lui. Ed egli guardando la tua umiliazione presto ti invierà il suo aiuto". Il discepolo ancora gli disse: “ Tu, maestro, non sei provato dal sonno nella liturgia?”.

Il padre Filemone gli rispose: "Terribilmente, però appena mi arriva, mi muovo un poco e recito il vangelo

secondo Giovanni fin dal principio tendendo a Dio l'occhio della mente e subito il sonno scompare.

Allo stesso modo mi comporto riguardo al pensieri: quando ne sopravviene uno, muovo contro di lui come fuoco, con lacrime, e subito scompare.

Ho patito dai demoni cose di cui non conviene raccontare l'amarezza a chi non ha fatto ancora l'esperienza del solitudine, ma facevo sempre così nelle tentazioni: riponevo ogni speranza in Dio, al quale avevo fatto professione di rinuncia. Ed egli subito mi liberava da ogni necessita. Perciò, fratello, non ho più alcun pensiero per me stesso, perché so che Dio si preoccupa di me, e sopporto più leggermente le tentazioni; di mio offro solo questo: pregare incessantemente".

 

 

 

103

 

Mercoledì

 

Dai Discorsi di Isacco della Stella.

Sermo 5. SC 130,146.148.156.

 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Fratelli, qual e la pace che bisogna tanto amare, tanto desiderare? In nome della carità di Cristo vi chiedo quale sia questa pace così cara, questa pacificazione che sta al vèrtice di tutti i gradi di virtù. Ditemi che è questa pace superiore a tutti i meriti, che e ormai sovraeminente e dona la beatitudine più alta e sublime.

Essa è il tesoro nascosto, la perla preziosa, che va cercata con il massimo ardore, va acquistata al prezzo più caro e custodita con la cura più gelosa. È proprio il vertice dei vertici, la dove il Figlio sta col Padre, secondo

la natura divina, lui che però si e degnato adottarci come fratelli per non essere l’unico erede.

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola.Ecco fin dove arriva la promozione del servo, la riconciliazione del nemico: da nemico, egli diventa servo; da servo, amico; da amico, figlio; da figlio, erede; da erede, diventa una cosa sola con l'eredità o, meglio, si identifica con essa.

Come non potrà essere privato di sé stesso, così non potrà essere privato dell'eredita che e lo stesso Dio. Ecco perché sta scritto: Il Signore e mia parte di eredità, in eterno.

 

 

 

104

 

Giovedì

 

Dal Commento al Cantico dei Cantici di san Bernardo.

Sermo XXI,5‑6. PL 183,875.

 

Se ti senti preda del torpore, dell'angoscia o del disgusto, non perdere la fiducia, non abbandonare il tuo progetto di vita. Cerca piuttosto la mano di colui che e il tuo aiuto: imploralo perché ti attiri a se, fin quando, attratto dalla grazia, non ritroverai la scioltezza e la gioia della tua corsa. Allora potrai dire: Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore.

Finché la grazia è presente, rallegratene; ma non credere di possedere il dono divino per diritto ereditario, come se tu avessi l'assicurazione di non doverlo mai perdere. Altrimenti, solo che Dio allontani un po' la sua mano e ritiri il suo dono, perderai il coraggio e cadrai in eccessiva tristezza.

Il giorno in cui ti senti forte, non adagiarti in uno stato di sicurezza, ma grida verso Dio con il profeta: Non abbandonarmi quando declinano le mie forze. E nel momento della prova, ripeti a te stesso per riprendere coraggio: Attirami dietro a te, corriamo!

Così, nel bel mezzo dei successi o dei fallimenti, la tua anima ad immagine dell'Eterno conserverà un costante equilibrio. Benedirai il Signore in ogni tempo e al centro di un mondo vacillante troverai la pace, una pace quasi incrollabile; comincerai a rinnovarti ad immagine e somiglianza di un Dio la cui serenità dura in eterno.

 

 

105

 

Venerdì

 

Dai Discorsi di san Leone Magno.

Sermo 45,2. De Quadragesima VII. PL 54,289‑290.

 

La règola di vita dei credenti scaturisce dallo stile stesso con cui Dio opera. L'Altissimo, infatti, esige che

quelli ch'egli ha creato a sua immagine e somiglianza si sforzino di imitarlo.

Non potremo ottenere le ricchezze della gloria divina se la misericordia e la verità non avranno in noi dimora. Mediante queste vie, infatti, il Signore e venuto verso quelli che avrebbe salvato; e per tali sentieri i salvati devono affrettarsi a incontrare colui che li ha redenti. Così la misericordia di Dio ci rende misericordiosi e la verità ci fa essere veritieri.

L'anima retta cammina per la via della verità come l’anima intrisa di bontà avanza per la via della misericordia.

Eppure questi due sentieri non si separano mai; non si tratta infatti di tendere verso scopi diversi per vie differenti; e crescere nella misericordia non è diverso dal progredire nella verità. Difatti, chi manca di verità non e misericordioso, e chi e privo di bontà non e capace di rettitudine. Non èssere ricchi di entrambe queste due virtù, significa l'impossibilita di praticare sia l'una che l'altra.

La carità è la forza della fede e la fede e la fortezza della carità. Ognuna di esse merita il suo nome e porta frutto soltanto se un legame inscindibile le unisce.

Dove non sono presenti insieme, lì anche mancano entrambe, giacché si Offrono aiuto e luce a vicenda fin quando la ricompensa della visione colmerà la brama della fede e senza mutazioni vedremo e ameremo quello che ora non possiamo amare senza la fede né credere senza l'amore.

Fede e carità non permettono di soccombere sotto il peso di basse sollecitazioni, perché come ali possenti sollevano a volo il cuore puro fino all'amicizia e alla visione di Dio.

 

 

106

 

Sabato

 

Dai Capitoli di Niceta Stethatos.

Capitoli pratici, naturali e gnostici, II,41;I,82;III,37. Filocalia, Torino,1985,Vo1.3°,435.417.468.

 

 

Niente altro innalza l’anima all'amore per Dio e alla carità verso il prossimo come l'umiltà, la compunzione e la preghiera pura.

L'umiltà rende contrito lo spirito, fa scorrere rivi di lacrime e, portando davanti agli occhi la brevità della vita umana, insegna a conoscere la pochezza di sé.

La compunzione purifica l'intelletto da tutto ciò che è materiale, illumina lo sguardo del cuore e rende l'anima fulgente.

La preghiera pura congiunge l'uomo a Dio e lo rende nella vita simile agli angeli; gli fa gustare la dolcezza dei beni eterni, gli dona i tesori dei grandi misteri.

Lo accende di carità e lo persuade a osare di porre la propria vita per gli amici. In colui che e ferito nel profondo dall'amore di Dio, questa inclinazione e superiore alle forze del corpo, poiché in lui essa non si sazia nelle fatiche e nei sudori dell'ascesi.

Quest'uomo è nella condizione di quelli che patiscono una sete enorme; non c'è nulla che possa curare fino a saziarla l'arsura di quella inclinazione; per tutto il giorno e la notte ha sete di faticare. Quanto procede nelle sue ascensioni in virtù dello Spirito e pénetra nelle profondità di Dio, tanto si consuma per il fuoco del desidèrio e scruta la grandezza dei suoi misteri sempre più fondi.

Quest'anima ha fretta di accostarsi alla luce beata, ove si arresta ogni tensione dell'intelletto per conoscere

nella letizia del cuore il riposo delle proprie corse.

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

Quarta settimana di Quaresima

 

Vittoria sul male

 

Non bisogna mai perdere la fiducia (101) ma gettarsi davanti alla croce di Cristo per vincere le forze del male (98); la speranza in Dio porterà a superare ogni forma di dissipazione (99), purché sia costante la nostra collaborazione con la grazia (102). Alla lotta tien dietro la quiete in Dio (103) la pace che ci rende figli dell'Altissimo (100).

 

 

98

 Lunedì

 

Dai "Discorsi ascetici" di Isacco di Ninive. Disc.23,op.c. p. 1 60s.

 

Coloro che hanno riportato vittoria nel combattimento esterno, han superato la paura che ne avevano; nulla più li blocca, niente più li smuove, quand'anche siano attaccati alle spalle. Per combattimento intendo qui la lotta che la sensibilità disordinata o la trascuratezza fanno all'anima. Dagli orecchi e dalla lingua entra nel cuore ciò che può accecarlo. Distolto dal chiasso esterno, allora esso non può più attendere a sé; neppure vincerà i pensieri che pullulano dentro di lui, qualora si scateni la lotta interiore. Invece quando uno ha sbarrato le porte della città, cioè i sensi, allora può concentrarsi nella lotta intima, dato che non ha più da temere l'assalto fuori delle mura.

Non vi è nulla di più aspro e penoso nella fatica dell'ascesi, nulla maggiormente solleva il furore demoniaco che gettarsi davanti alla croce di Cristo, pregare notte e giorno e starsene come uno che ha le mani legate.

Vuoi che non si spenga il tuo fervore, non si secchi il tuo. cuore? Fa' quanto ti ho detto or ora. Se ti applichi a vivere così notte e giorno, senza altro cercare, allora sarai beato. Allora in te spunterà la luce, immediatamente brillerà la giustizia; tu sarai come un giardino fiorito, come una fonte d'acqua inesausta. Capisci quale bene produce la lotta nell'uomo?

 

99

Martedì

 

Dal "Discorso utilissimo" dell'abate Filemone. FG,2°,360. 364s.

 

Un fratello di nome Giovanni, che veniva dalla regione della costa, avvicinatosi al santo e grande padre Filemone, e abbracciatigli i piedi, gli disse: Che cosa devo fare, padre, per essere salvato? Perché vedo che il mio intelletto vaga qua e là, verso ciò che non si deve.

E quello, indugiando un poco, disse: Osserva con ogni tua forza di non fare nulla secondo la volontà di piacere agli uomini. Ma se lotti contro la passione, non abbatterti e non perderti d'animo anche se la guerra permane; piuttosto levati in piedi, e gettati davanti a Dio, dicendo con tutto il cuore col profeta: Giudica, Signore, quelli che mi fanno ingiustizia, (Sal 34,&) perché io non ho forza contro di loro. Ed egli guardando la tua umiliazione presto ti invierà il suo aiuto.

Il discepolo ancora gli disse: Tu, maestro, non sei provato dal sonno nella liturgia? Gli risponde: Terribilmente, ma appena mi arriva, mi muovo un poco e recito il vangelo secondo Giovanni fin dal principio tendendo a Dio l'occhio della mente e subito il sonno scompare.

Allo stesso modo mi comporto riguardo ai pensieri: quando ne sopravviene uno, muovo contro di lui come fuoco, con lacrime, e subito scompare. Ho patito dai demoni cose di cui non conviene raccontare l'amarezza a chi non ha fatto ancora l'esperienza della solitudine. Ma facevo sempre così nelle tentazioni: riponevo ogni speranza in Dio, al quale avevo fatto professione di rinuncia. Ed egli subito mi liberava da ogni necessità. Perciò, fratello, non ho più alcun pensiero per me stesso, perché so che Dio si preoccupa per me, e sopporto più leggermente le tentazioni e di mio offro solo questo: pregare incessantemente.

 

100

Mercoledì

 

Dai "Discorsi" di Isacco della Stella.

Sermo V,S Ch 130,147.149.157.

 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. (Mt 5,9) Quale è dunque, fratelli cari, questa pace che bisogna talmente amare, talmente desiderare, questa pace così gioconda, o questa pacificazione, che sta al vertice di tutti i gradi della virtù? Essa è superiore a tutti i meriti, è giunta alla vetta estrema e dona la beatitudine più alta e più raffinata? Ditemi, che è questa pace?

Essa è la perla preziosa che va cercata con il massimo ardore, che dobbiamo acquistare al prezzo più esigente, e custodire con la cura più gelosa. E' proprio il vertice dei vertici, là dove il Figlio sta col Padre, secondo la natura, lui, che però si è degnato di adottarci come fratelli, per non essere l'unico erede.

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa Sola. (Gv 12,21) Ecco fin dove arriva la promozione del servo, la riconciliazione del nemico; da nemico diventa servo; da servo amico; da amico, figlio; da figlio, erede; da erede, diventa una cosa sola con l'eredità o meglio si identifica con essa. Perciò allo stesso modo che non potrà essere privato di sé stesso, egli non potrà essere privato dell'eredità che è Dio stesso. Ecco perché sta scritto: Il Signore è mia parte d'eredità. (Sal 15,5)

 

 

101

Giovedì

 

Dal "Commento al Cantico dei Cantici" di san Bernardo.

Serm.21,5-6. PL 183,875.

 

Se ti senti preda del torpore, dell'angoscia o del disgusto, non devi perdere la fiducia, né abbandonare il piano studiato per la tua vita spirituale. Piuttosto cerca la mano di colui che è il tuo aiuto; imploralo che ti attiri a sé, fin quando attratto dalla grazia, tu non ritrovi la rapidità e la gioia della tua corsa. Allora potrai dire: Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore. (Sal 118,32) Finché la grazia è lì, rallegratene: ma non devi credere di possedere il dono divino per diritto ereditario, come se avessi l'assicurazione di non doverlo mai perdere. Altrimenti solo che Dio allontani un po' la sua mano e ritiri il suo dono, perderai il coraggio e cadrai in tristezza eccessiva. Il giorno in cui ti senti forte, non adagiarti in uno stato di sicurezza, ma grida verso Dio col profeta: Non abbandonarmi quando declinano le mie forze (Sal 70,9) E nel momento della prova, ripeti a te stesso per riprendere coraggio: Attirami dietro a te, corriamo! (Ct 1,4)

Così, nel bel mezzo dei successi o dei fallimenti, la tua anima conserverà ad immagine dell'Eterno, un costante equilibrio. Benedirai il Signore in ogni tempo e al centro di un mondo vacillante troverai la pace, una pace quasi incrollabile; comincerai a rinnovarti e a rifarti ad immagine e somiglianza di un Dio la cui serenità dura in eterno.

 

102

Venerdì

 

Dal "Trattato" di Marco l'asceta. FG,1°,195ss.

 

La semente non può crescere senza terra e acqua: così l'uomo non otterrà nulla senza volontarie fatiche e aiuto divino. Però a quelli che sono stati battezzati in Cristo la grazia è misteriosamente donata; agisce tuttavia nella misura in cui attuiamo i comandamenti. Non cessa di aiutarci nascostamente, ma sta a noi far il bene secondo la nostra possibilità. Come prima cosa la grazia ridesta la coscienza in modo degno di Dio. Poi la si trova celata anche in un insegnamento del prossimo. Talvolta accompagna la mente durante la lettura e mediante un processo naturale ammaestra l'intelletto nella propria verità.

Se non nascondiamo perciò il talento di questo processo parziale, entreremo con efficacia nella gioia del Signore. Infatti, chi veglia, paziente, e prega senza averne oppressione, diventa partecipe dello Spirito Santo. Ma anche chi da queste cose è oppresso e tuttavia sopporta con volontà, anche costui riceve presto soccorso e vittoria. Egli è come l'atleta che ha buon metodo e dà prova evidente di condurre la lotta spirituale mediante l'astenersi dalle realtà sensibili.

Quindi, se vuoi salvarti, cerca sempre di andare al di là delle realtà sensibili, e di unirti a Dio mediante la sola speranza. Così se involontariamente troverai le potenze tenebrose che ti fanno guerra con i loro stimoli, le vincerai con la preghiera. Resterai pieno di speranza e avrai la grazia di Dio, che ti strappa all'ira futura.

 

103

Sabato

 

Dalla "Custodia dell'intelletto" di Isaia anacoreta.

FG 1° 93S.

Chi pone il suo cuore nella ricerca di Dio con amore, secondo verità, non può avere l'idea di aver già trovato il gradimento di Dio. Finché infatti la coscienza lo rimprovera per qualche cattivo germoglio, egli è estraneo alla libertà. Perché, fino a quando vi è chi rimprovera, vi è anche chi accusa, e finché vi è accusa, non vi è libertà.

Ma se invece ti vedi pregare senza che nulla di nulla porti accusa contro di te, allora, a quel punto, sei libero e sei entrato nel santo riposo, secondo la sua volontà. Se vedi che il buon frutto ha preso vigore e non lo soffoca più la zizzania del nemico (e gli avversari non se ne sono certo andati da sé, indotti con l'astuzia a non lottare più con i sensi!), in tal caso tu hai avuto tramite Dio la vittoria.

Finché c'è guerra, l'uomo sta in timore e tremore, non sapendo se oggi vincerà o sarà vinto, se domani sarà vinto o vincerà: chi lotta ha il cuore alle strette. Ma l'impassibilità è uno stato scevro da lotta. A questo punto l'uomo ha ricevuto il premio ed è senza preoccupazione quanto alle sue tre parti, perché tramite Dio sono giunte alla reciproca pace. Queste tre parti sono l'anima, il corpo e lo spirito.

Quando dunque le tre sono divenute una per l'operazione dello Spirito Santo, non possono più essere separate. Non pensarti dunque morto al peccato finché soffri violenza da parte dei tuoi nemici, sia nella veglia sia nel sonno. Poiché, fino a quando un pover'uomo si trova ancora nello stadio, non può fidarsi.

 

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