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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Anno A

 

Tempo Ordinario

 

Quinta Domenica

 

 

9

Dal vangelo secondo Matteo.

20,1-16                    

Gesù disse questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna".

 

Dai Discorsi di Luigi di Granada.

Domingo de Septuagésima, sermon I,6-9. Sermones, P.B. Lopez, Madrid, 1790, t.2.

 

In questo vangelo vediamo che la medesima mercede ricompensò un lavoro disuguale, perché negli uni brillò la grazia, in altri si manifestò maggiormente la giustizia divina. Questo è il punto focale della parabola, che intende appunto illustrare la generosità e la libertà del Signore nel distribuire i suoi doni. Certamente egli non priva nessuno del frutto del suo lavoro; anzi ci ripaga tutti ben più di quanto meritiamo. Egli però si riserva il diritto di trattare qualcuno con una generosità estrema che dipende unicamente dalla sua bontà senza limiti e misure.

Notate la differenza assoluta che distanzia il Creatore dalle cause naturali. Gli agenti naturali, specie il cielo, il sole, la luna, gli astri, gli elementi in generale, non sono liberi nel loro agire: non possono né sottrarsi alle leggi ferree che li regolano né produrre effetti diversi. Il fuoco non può non infiammare la materia con cui viene a contatto, e brucia in modo diverso la legna secca da quella verde e umida.

Invece la prima e somma causa ha una libertà pari alla sua potenza e nessuna forza estranea potrà mai condizionarla. Perciò Dio ripartisce i suoi doni ora in misura proporzionata ai nostri meriti, ora con una generosità che oltrepassa ogni limite. La sua bontà è munifica sempre con tutti, però con non pochi altri si fa dirompente perché così è il suo beneplacito.

 

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Questa divina libertà si manifesta nella varia ripartizione dei beni, sia del corpo sia dello spirito. Il Signore assegna ad ogni uomo i beni della natura, quelli della grazia, quelli della gloria celeste e quelli dovuti a circostanze fortuite, proprio così come vuole e gli piace.

Cominciamo dai beni meno preziosi: taluni sono ricchi, altri poveri. C'è gente dalla salute robusta e gente debole e malaticcia; certi vivono a lungo, altri appena qualche anno; c'è chi fa una carriera nobile e gloriosa e chi ha una sorte meschina e oscura.

La medesima disuguaglianza torna in ordine ai beni della grazia. Il Signore chiama noi tutti peccatori, perché tutti ci vuole salvi; ma agli uni dà solo la grazia sufficiente, ad altri quella efficace. Tutti ricevono la misericordia divina, nessuno è trattato in modo ingiurioso o per lo meno immeritato. Chiamati sono tutti coloro che ricevono grazie sufficienti, specie quelli che mediante il battesimo ottengono la grazia dell'adozione a figli di Dio; però sono particolarmente eletti quelli a cui un beneficio speciale di Dio concede il dono della perseveranza.

 

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Deplori lo stile della Provvidenza divina? Ascolta il Signore che dice: Amico, io non ti faccio torto. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?

Ebbene, limitiamoci a considerare i favori che ricevono gli eletti: c'è da rimanere sbalorditi talmente sono differenziati! Alcuni sopportano il peso della giornata e del caldo, cioè conseguono i doni celesti a costo di veglie e fatiche. Pensiamo a quelli che abitarono in luoghi aridi e deserti, senza il minimo conforto umano, praticando la povertà, in penuria a volte persino del necessario.

Altri, invece, senza aver faticato neppure un'ora, eccoli in modo repentino ottenere da Dio doni magnifici. Per una sola parola di ravvedimento, il buon ladrone ottenne il regno di Dio. Maria Maddalena, con le lagrime che sparse sui piedi del Signore, da peccatrice si fece apostola degli stessi Apostoli, annunziando loro il mistero della risurrezione di Gesù Cristo.

 

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È naturale che alcuni devono impegnarsi in modo speciale a rendere lode e amore all'Altissimo. Indipendentemente dalla grazia e dalla gloria dovute ai loro meriti, Dio li colma a profusione del suo aiuto con doni celesti del tutto gratuiti e non concessi ad altri: il motivo di ciò sta soltanto nel suo beneplacito, nel suo imperscrutabile volere.

È ovvio che le persone così ben equipaggiate progrediscono veloci nel cammino dello spirito e si distanziano in modo notevole da chi non gode i medesimi favori. Si spiega allora il detto evangelico che i primi diventano gli ultimi e gli ultimi diventano i primi. Non di rado succede infatti che la sconfinata misericordia del Signore innalzi uomini indegni o che stentano nella virtù a un livello di dignità e di perfezione che rimane mèta lontana per altri che pur hanno camminato a lungo nel bene. Così i piccoli precedono davvero i grandi e gli ultimi divengono i primi.

C'è un'unica spiegazione a queste apparenti anomalie: la generosità e la libertà del grande Padre di famiglia, quella che egli stesso chiaramente dichiarò all'operaio scontento che contestava: Tu sei invidioso perché io sono buono?

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Quinta Domenica

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Matteo.

20,1-16                      

Gesù disse questa parabola: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna".

 

 

Dal "Libro della Perfezione" di Martirio Sahdona.

Livre de la Perfection,p.I,tr.4,cap2,§33-40,Oeuvres,t.I,CSCO 201,Lovanio,1960.

 

La grazia, la sapienza e la misericordia del Signore hanno una profondità abissale. Considerate, fratelli, quanto sono generosi il suo affetto e la sua carità verso di noi. Lui, che è buono e mite, dapprima ci mette alla prova nella tribolazione, perché possiamo meritare di condividere la sua felicità.

Dio ci chiede di cooperare alla nostra salvezza, anche se tutto è donato per grazia. Che se ne fa, tuttavia, il Signore della nostra fatica, dal momento che è messa in atto con il suo sostegno? Eppure Dio esige da noi un lavoro per il nostro maggior bene, che fiorirá poi in allegrezza e gaudio. Dalla cooperazione richiesta, Dio farà sbocciare nel cuore sicurezza e libertà.

 

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Dio non vuole darci l'impressione che i suoi doni siano pura grazia, - anche se in realtà è così - ma ci invita a dimostrare qualche sforzo. Questo nostro stesso impegno dipende unicamente dalla grazia divina, ma Dio ce lo chiede affinché riceviamo la felicità eterna come salario della nostra condotta e frutto della nostra fatica. Vuole che ce ne rallegriamo e lo gustiamo come lavoro delle nostre mani, reclamato con fierezza, così da evitarci la vergogna e la confusione di ricevere la beatitudine senza avervi sudato sopra.

Se la nostra salvezza ci fosse offerta senza travaglio, come potremmo stringere rapporti di amicizia con il dispensatore di tale bene e trattarlo con schiettezza? La Scrittura ci dice infatti: S il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio. (1 Gv3,21)

 

 

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Gli operai assunti verso le cinque del pomeriggio se ne stavano zitti durante la distribuzione della paga. Avevano sì lavorato con diligenza, ma per ben poco tempo. La bontà liberale del padrone concede loro un salario insperato.

Gli altri invece, che avevano sostenuto il peso del giorno e del caldo, erano convinti di ricevere di più; perciò ora sbottano in acerbe recriminazioni contro il proprietario della vigna. Hanno dimenticato che la bontà del loro Signore valuta il giusto salario secondo l'amore e non secondo la durata del lavoro.

Capita lo stesso nella parabola del figlio prodigo. Tornato dal padre per servire, non spera più di ricuperare la dignità di figlio, perché un tempo l'aveva disprezzata. Invece il figlio maggiore, assiduo lavoratore nella casa paterna, si infuria vedendo il fratello riabilitato nel suo rango. Il padre placa il primogenito indignato, dicendogli con tanta verità: Figlio, tutto ciò che è mio è tuo. (Lc 15,31)

 

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Secondo l'Apostolo, affaticarsi a servire Dio significa acquistare grande sicurezza, perché ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro (1 Cor 3,8).

E' grande davvero l'amore che Dio ci dimostra nella sua sapienza! Ogni tanto, prima di illuminarci con la sua bontà, ci caccia in prove persino atroci, per incrementare la nostra forza e farci percepire meglio la sua grazia.

Leggiamo che la Sapienza divina così tratta il suo discepolo: Dapprima lo condurrà per luoghi tortuosi, gli incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina, finché possa fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti; ma poi lo ricondurrà sulla retta via e gli manifesterà i propri segreti. (Sir 4,17-18)

Capisci allora perché Dio ci lascia nelle prove, nelle afflizioni e nei tormenti: vuole versarci in cuore la piena della sapienza, intende renderci saldi nel suo timore e nella sua dilezione. Così potrà manifestarci le meraviglie e i segreti della sua propria sapienza.

 

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