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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

 

Tempo Ordinario

 

 Sesta Domenica

 

9

Dal vangelo secondo Luca.

8,4-15                                  

Poiché una gran folla si radunava e accorreva  a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: "Il seminatore uscì a seminare la sua semente".

 

Dai Discorsi di Isacco della Stella.

Sermo 18,8-13.16-17. S Ch 207,14-21.

 

L'accorto agricoltore della parabola conosce le zone differenti del suo terreno, eppure semina senza tenerne conto e, come se non lo sapesse, spreca nel suo zelo la preziosa semente. Che cosa significa questo? Forse che il Signore non semina in modo differenziato?

Le sementi della Parola sono infatti parecchie: c'è la parola interiore e la parola esteriore, quella per gli orecchi del corpo e quella per gli orecchi del cuore. O meglio: c'è una parola esterna che raggiunge gli orecchi attraverso l'insegnamento, la parola destinata agli occhi tramite esempi di vita, e la parola che mediante l'ispirazione della grazia penetra nell'intimo del cuore.

Questa triplice semina divina racchiude tutta la perfezione del magistero di Cristo. In cielo infatti sta la cattedra di colui che è il  Maestro dei cuori. I discepoli di Mosè, scribi e farisei, dicono ma non fanno; seminano negli orecchi, non negli occhi. Invece la giustizia dei discepoli di Cristo è sovrabbondante, perché  essi dicono e fanno, seminano ad un tempo negli orecchi e negli occhi. Ma l'unico e vero Maestro, Cristo, semina fuori mediante la vita e la voce, e aiuta da dentro con il dono della grazia. Perciò non senza differenze egli semina nel campo, benché sparga dappertutto il seme della parola.

 

10

 

Tra gli ascoltatori ci sono così quattro diverse categorie. Gli uni, dal cuore duro e incallito, ascoltano con gli orecchi la predicazione, ma non l'accolgono affatto in sé stessi. In costoro le parole cadono sul margine della strada, non all'interno del sentiero di fede e di obbedienza. Non di tutti infatti è la fede e non tutti hanno obbedito al vangeli. 

Tra gli orecchi e il cuore volteggia lo spirito maligno, che fa uscire da un orecchio quello che era entrato dall'altro, sicché nulla scende nel cuore. Appena fuori ha inizio l'evangelizzazione, subito scatta dentro la contestazione, fomentata dal demonio. Egli insinua che è falso quanto viene detto, o cerca di pervertirne il senso; oppure instilla l'inimicizia verso chi parla o intontisce chi ascolta con il sonno o altri pensieri.

Ad una seconda categoria appartengono quelli che hanno facilità ad obbedire, ma mancano di forza nel perseverare. Assomigliano ai figli di Efraim, valenti tiratori darco, che voltarono le spalle nel giorno della lotta.

Il loro entusiasmo si accende alla svelta e più alla svelta ancora si spegne. Volubili e superficiali, costoro non hanno la radice profonda della carità che tutto crede e anche tutto sopporta. Sanno credere quando regna la pace, ma nel tempo della prova retrocedono.

 

11

 

Costoro sono casti se nulla li solletica dentro; intrepidi finché non infuria la lotta; miti se nessuno li molesta, fervorosi quando tutto riesce bene.

Sono veri figli di Adamo: quale il padre, tali i figli. Il nostro progenitore restò in piedi fino a quando non si presentò l’occasione per cadere. Stette ben ritto finché una lieve spinta non lo fece crollare. Mentre gli appartenenti alla prima categoria sono gente dura, questi sono troppo molli. Gli uni testardi, i secondi pusillanimi. Quelli non accolgono la parola, questi invece la conservano.

Per terza categoria, ci sono quelli che conservano la parola, ma come controtestimonianza che non va a loro favore. Sono la terra squallida e incolta, che per l'antica maledizione produce spine e rovi. Contro costoro esclama il profeta: Dissodatevi il terreno incolto e non seminate fra le spine. La malizia indurisce i primi, la viltà svigorisce i secondi; l'avarizia strangola i terzi che vedi distrutti dagli affanni, schiacciati dalle preoccupazioni, soffocati dalle ricchezze.

 

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Ringraziamo il divino agricoltore, il Padre, che mediante lo Spirito Santo ci rende idonei a ricevere la semente del Figlio, diffondendo nei nostri cuori il fuoco della carità. Esso brucia le spine, purifica la nostra terra, che così porta frutto. Infatti l'obbedienza accoglie il seme della parola, la costanza lo fa fruttificare e la perseveranza miete il raccolto.

Come l'Apostolo dice degli atleti che: Tutti corrono, ma uno solo conquista il premio, così si può parlare delle virtù. Tutte corrono verso il regno di Dio, ma una sola conquista il premio. Corre il disprezzo per la mondanità, corrono la povertà e l'elemosina, corono le veglie e l'astinenza, l'obbedienza e la costanza: soltanto la perseveranza è incoronata, perché chi persevererà sino alla fine sarà salvato.

Né l'inizio né la metà dell'opera hanno valore; non è virtù cominciare, ma portare a termine. Perciò il valore dell'obbedienza è dovuto alla pazienza e questa riceve corona e gaudio dalla perseveranza. Infatti la pazienza mette alla prova l'obbedienza, la perseveranza glorifica la pazienza.

Ci conceda la perseveranza colui che ci ha elargito l'obbedienza senza renderci del tutto privi della pazienza, il Padre per il Figlio nello Spirito Santo.

 

 

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9

 

Dal vangelo secondo Luca.

8,4-15                                        

Poiché una gran folla si radunava e accorreva  a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: "Il seminatore uscì a seminare la sua semente".

 

Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo su questo vangelo.

In Mt.,hom.44,3-4. PG 57.467-469.

 

Il vangelo dice che il seminatore uscì a seminare. Da dove o come uscì colui che è presente in ogni luogo e tutto riempie? E come può uscire? Certamente non è passato da un luogo ad un altro, ma si è avvicinato a noi assumendo la nostra carne, con un contatto e una disposizione in nostro favore.

Noi non potevamo andare verso di lui, perché i nostri peccati sbarravano la strada: allora è venuto lui fino a noi.

Perché venne? Forse per distruggere la terra coperta dai rovi? Per punire gli agricoltori? Niente affatto. E' venuto per prendersi cura, coltivare, e seminare la parola dell'amore.

Gesù dice che la semenza qui rappresenta il suo insegnamento; la terra sono le anime degli uomini, mentre lui stesso è il seminatore.  

Il Signore si comporta come un seminatore che non fa distinzioni nel suo campo, ma getta semplicemente il seme da ogni parte. Egli insegna la sua parola a tutti, ricchi e poveri, sapienti e ignoranti, zelanti e pigri, coraggiosi e vigliacchi. Compie la sua missione senza tener conto del risultato, in modo da poter dire con il profeta Isaia: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? (Is 5,42)

La roccia non può diventare terreno, né la strada cessare di essere strada, così come gli spini restano sempre spini. Ma non è così nell'ordine spirituale; la pietra può trasformarsi e diventare terra fertile, la via può non essere più calpestata e aperta a tutti i passanti, ma divenire campo produttivo; anche i rovi possono sparire per lasciar che la semenza porti frutto. Se ciò non fosse stato possibile, il Signore non avrebbe seminato. E se in tutti non è avvenuto il cambiamento, la responsabilità non è del seminatore, ma di coloro che non vollero trasformarsi.

 

11

Gesù, dopo aver parlato dei diversi modi con cui la semente si perde, passa poi alla terra buona. Lo fa per non lasciarci cadere nella disperazione, ma per offrirci speranza di conversione, mostrando che è possibile evolvere in bene.

Ma se il terreno è fertile, se il seminatore è lo stesso, se i semi sono identici, perché uno rende cento, uno sessanta e un altro trenta? La differenza non dipende dalla natura della terra, che è tutta buona: pero ci sono notevoli gradualità fra un terreno e l'altro. La disuguaglianza, perciò, non deriva né dal seminatore né dal seme, ma dal modo con cui il terreno lo riceve, per cui a produrre la differenza non è la natura del terreno, bensì la disposizione della sua volontà.

Qui ci è rivelata la grandezza dell'amore di Dio verso gli uomini Egli non esige in tutti lo stesso grado di virtù: mentre accoglie con gioia i primi, non respinge i secondi e fa posto anche ai terzi.

 

12

 

Con questa parabola Gesù vuole persuadere coloro che lo seguono che non è sufficiente ascoltare la sua parola per salvarsi. Dapprima bisogna ricevere con cura la parola, ricordarla costantemente; poi metterla in pratica con virilità, liberandosi dalle ricchezze e lasciando cadere tutte le attività mondane.

La sorgente inequivocabile di questo itinerario è l'ascolto attento della parola di Dio. Come potranno credere, senza averne sentito parlare? (Rm 10, 14) ‑ si domanda Paolo. Se non facciamo attenzione a quanto ci viene detto, come potremo sapere quel che dobbiamo fare? Dopo aver ascoltato la parola, fortificheremo perciò il nostro animo e sdegneremo le realtà del mondo presente.

 

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