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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

 

SS. Corpo e Sangue di Cristo

Giovedì dopo la SS. Trinità

 

 

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1

 

Dalle "Omelie Diverse" di s. Cirillo di Alessandria.

Homiliæ Diversæ, X.  PG 77, 1015-1018.

 

     Che cosa vi può essere di più piacevole e soave, per uomini religiosi e avidi della vera vita, che godere Dio in eterno e trovare riposo nella contemplazione di lui? Se infatti quelli che si saziano con cibi e bevande e assecondano le loro fluttuanti passioni, mantengono un corpo vegeto e sano, quanto più coloro che si preoccupano dell'anima e sono nutriti presso le acque tranquille della divina predicazione, rifulgeranno nei loro abiti tessuti d'oro e di gemme, come attesta il profeta?

     Quando, dunque, nella ricerca spirituale, giungiamo alle profondità dei misteri che ci danno la vita, e ci sono offerti dal Signore doni superiori a ogni aspettativa come viatico d'immortalità, allora dobbiamo seguire con ardore le delizie di questi misteri. Resi partecipi della vocazione celeste, affrettiamoci subito verso la mistica cena, rivestiti di fede sincera come da una veste nuziale.

 

2

 

     È Cristo che oggi ci accoglie al banchetto, è Cristo che oggi ci serve; quel Cristo che ama gli uomini, li sazia.

     È tremendo quel che si dice, è formidabile ciò che si compie. È ucciso come il vitello grasso; è immolato l'Agnello di Dio, che prende su di sé il peccato del mondo. Il Padre si rallegra; il Figlio si offre al sacrificio spontaneamente, oggi non per opera dei nemici di Dio, ma da se stesso, manifestando che per la salvezza dell'uomo egli è andato incontro al supplizio perché lo ha voluto. Vuoi che ti dimostri come in questo segno dell'agnello sia espresso splendidamente tutto ciò?

     Non badare alla brevità delle parole o alla nostra povertà, ma alla voce e all'autorità di coloro che hanno predicato queste cose prima di noi. Hai visto com'è grande la dignità di chi ci precede? Guarda dunque e considera la forza di quanto egli ti ha predetto. Dice: La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola.

 

3

 

     Tutto questo banchetto, lautissimo per magnificenza e varietà di cibi, è delizia. È presente l'autore stesso della magnificenza, vi sono portati doni divini, è imbandita una mistica mensa, è preparata una coppa che dà la vita. Colui che chiama è il re della gloria; è il Figlio di Dio che accoglie; è il Dio Verbo incarnato che invita: si tratta di quella Sapienza sussistente di Dio Padre che si è edificato un tempio non fatto dall'uomo, del suo corpo che distribuisce come pane, mentre porge come vino il suo sangue che dà la vita.

     O ammirabile mistero, o ineffabile piano del pensiero divino, o bontà imperscrutabile! Il Creatore offre se stesso in cibo alla sua creatura e colui che è la stessa vita si dona ai mortali perché ne mangino e bevano. Venite, mangiate il mio corpo, esorta; bevete il mio vino, che ho preparato per voi.

 

4

 

     Io ho preparato me stesso come cibo, ho preparato me stesso come bevanda per tutti coloro che lo desiderano. Volontariamente mi sono incarnato perché io stesso sono la vita; inoltre ho voluto diventare partecipe della carne e del sangue per salvarvi, pur essendo il Verbo, l'impronta del Padre fatta persona: Gustate e vedete quanto è buono il Signore.

     Un tempo gustaste il frutto della disobbedienza e foste costretti ad assaporare quanto sia amaro il cibo del consigliere di amarezza. Gustate ora il frutto dell'obbedienza: esso mette in fuga quel cattivo consigliere e vi farà conoscere quanto sia soave e preferibile obbedire a Dio. Mangiando una volta ciò che non andava mangiato, trovaste la morte; mangiate ora ciò che è buono e avrete la vita.

     Un tempo voleste fare l'esperienza di che cosa sia disobbedire e quali risultati ciò arrechi. Sperimentate adesso l'obbedienza e i suoi frutti. Gustate e vedete quanto è buono il Signore. Scambiate le esperienze: avevate assaggiato il male e vi restò in bocca l'amarezza della ribellione; assaggiate ora il frutto buono e si affinerà in voi il senso delle cose di Dio: Gustate e vedete come è buono il Signore.

 

5

 

Da "Lo Specchio dell'eterna beatitudine" del beato Giovanni Ruusbroec.

Parte terza, B,3. Trad. di Franco Paris, Ed. Paoline, Milano 1994, 128-131.

     

     Chi voglia divenire ebbro d'amore, dovrà contemplare, esaminare e ammirare due prove dell'amore concesso a noi da Cristo nel Santo Sacramento, che sono talmente grandi e profonde che nessuno può scandagliarle fino in fondo.

     Anzitutto Cristo ha dato alle nostre anime la sua carne in cibo e il suo sangue in bevanda. Un simile mirabile amore non si era mai udito. È nella natura peculiare dell'amore, infatti, dare e ricevere, amare ed essere amati. E ambedue le cose devono trovarsi in tutti gli amanti.

     L'amore di Cristo è avido e liberale: anche se ci dà tutto quello che ha e tutto ciò che è, egli però in cambio prende in noi tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che siamo; ed esige da noi più di quanto siamo capaci di fare. La sua fame è smisuratamente grande: egli ci consuma fino in fondo, perché la sua ingordigia è spropositata e il suo desiderio insaziabile, e divora perfino il midollo delle nostre ossa. Tuttavia glielo concediamo volentieri, e più gli cediamo, più lo gustiamo. E sebbene ci consumi, non può mai saziarsi, poiché la sua fame è insaziabile e smisurata. Egli sa che siamo poveri, ma non se ne cura, perché non vuole lasciarci.

 

6

 

     Cristo apparecchia il proprio pasto, cioè brucia nell'amore tutti i nostri peccati e vizi. Dopo averci purificato con il fuoco dell'amore, si getta su di noi a guisa di un avvoltoio per divorarci. Infatti egli vuole consumare e convertire la nostra vita peccaminosa nella sua vita piena di grazia e di gloria, a noi sempre apparecchiata, a condizione che noi rinunciamo a noi stessi e ci asteniamo dal peccare. Se potessimo vedere l'ardente desiderio di Cristo per la nostra beatitudine, non riusciremmo più a trattenerci e ci lasceremmo inghiottire da lui. Le mie parole possono suonare strane, ma gli amanti mi comprendono perfettamente.

 

7

 

     L'amore di Gesù è di natura così nobile che laddove consuma vuole pure nutrire, e anche se Gesù ci consuma completamente in lui, tuttavia in cambio ci dona se stesso. Egli ci ha dato una fame e una sete spirituali di gustarlo con un eterno appetito. Egli dà alla nostra fame spirituale e al nostro ardente amore il suo corpo in cibo, il quale, se lo riceviamo e consumiamo con intima devozione, diffonde il suo glorioso, caldo sangue nella nostra natura e in tutte le nostre vene. In questa maniera ci infiammiamo di intimo, ardente amore nei suo confronti e siamo pervasi, anima e corpo, da un desiderio e da un  gusto spirituali. Così egli ci dona la sua vita piena di sapienza, di verità e di dottrina, affinché possiamo imitarlo in tutte le virtù.

     Allora egli vive in noi e noi in lui.

     Egli inoltre ci dona la sua anima con pienezza di grazia, affinché possiamo dimorare sempre, con lui, nell'amore, nelle virtù e nella lode del Padre. E sopra tutte queste cose ci mostra e ci promette la fruizione eterna della sua divinità. C'è dunque da meravigliarsi se giubilano coloro che provano e gustano ciò?

 

8

 

     Accogliamo nella nostra natura e consumiamo con affezione cordiale e amore ardente l'umanità di nostro Signore, perché l'amore trae a sé tutto quello che ama. E con il medesimo amore nostro Signore consuma e attira la nostra natura in sé, e ci colma della sua grazia. Allora cresciamo e usciamo da noi stessi, in un amore divino, al di sopra della ragione. Lì con il nostro spirito mangiamo, consumiamo e guardiamo con animo stupefatto e spoglio di immagini la sua divinità. E incontriamo il suo Spirito che è il suo Amore, smisuratamente grande; questo Amore consuma ogni sua azione e il nostro spirito, che trae a sé nell'unità in cui gustiamo la quiete e la beatitudine. Così sempre mangeremo e saremo mangiati, e con amore ascenderemo e discenderemo. E questa è la nostra vita in eterno.

     Questo intendeva Cristo quando disse ai suoi discepoli. Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione.

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Giovanni.

6,51-58

Dopo aver moltiplicato i pani, Gesù diceva alla folla: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

 

Dalla "Vita in Cristo" di Nicola Cabàsilas.

De vita in Christo, IV,1.3.  PG 150, 581. 584. 593. 597.

 

     La santa mensa è il fine e la mèta della vita in Cristo. Giunti qui, non mancherà più nulla alla nostra cercata e bramata felicità. In tale vita, infatti, non si trova più la morte e il sepolcro e neanche una migliore vita comune, ma Colui che è risuscitato. Alla sacra mensa non riceviamo soltanto i doni dello Spirito secondo la nostra capacità, ma lo stesso donatore, il tempio medesimo, dove si trova tutto il mondo delle grazie. Egli è presente, certo, in ogni mistero e in lui, per così dire, siamo unti e lavati; o meglio, egli stesso è la nostra unzione e il nostro lavacro, e insieme il nostro cibo.

     Tuttavia è presente in coloro che vengono battezzati, e ad essi conferisce i suoi doni; non certo nello stesso modo in tutti, ma lavando toglie il fango dei vizi e imprime in essi la sua immagine; ungendo poi li rende attivi e coraggiosi nelle opere dello Spirito, delle quali egli stesso assumendo umana carne si è fatto tesoro.

     Ma dopo che ha condotto l'iniziato alla mensa, cioè a nutrirsi del dono del suo corpo, lo muta totalmente, trasformandolo in se stesso. Perciò questo è il più grande di tutti i sacramenti, perché non si può andare oltre, né egli potrebbe dare di più.

 

10

 

     Alla comunione eucaristica è legata la promessa di far abitare noi in Cristo e Cristo in noi. Dice infatti il Signore: Egli dimora in me e io in lui. Se Cristo dimora in noi, che altro possiamo cercare? Se dimoriamo in Cristo, che altro desidereremo? Egli abita in noi ed è insieme la nostra abitazione. O noi beati per tale abitazione! E doppiamente beati, perché siamo divenuti abitanti di tale casa. Quale bene potrebbe mancare a coloro che si trovano in questo stato? Che può avere in comune col vizio chi è diventato splendente a questa mensa? Quale male potrà resistere a tale cumulo di beni? Più nulla può sussistere, nessun male può avvicinarsi, quando Cristo così perfettamente si unisce a noi e interamente ci penetra, ci possiede nell'intimo e ci avvolge.

     Le frecce che ci assalgono dall'esterno egli impedisce che ci sfiorino, coprendoci da ogni lato, perché è la casa. Se c'è del male dentro di noi, lo sradica e lo  espelle, perché è l'ospite che riempie di sé tutta la casa. Infatti non siamo messi a parte di qualcuno dei suoi beni, ma di lui stesso. Non accogliamo nell'animo un raggio o una luce, ma il sole stesso, così da abitare in lui, essere inabitati da lui e divenire un solo spirito con lui.

     L'anima, il corpo e tutte le facoltà immediatamente si spiritualizzano, perché l'anima si unisce intimamente all'anima di Cristo, il corpo al suo corpo e il nostro sangue al suo. Che cosa ne deriva? Ciò che è superiore prevale su quanto è più basso e l'umano viene superato dal divino, perché, come ha scritto Paolo della risurrezione, ciò che è mortale viene assorbito dalla vita.

 

11

 

     Le forze superiori  non permettono alle inferiori di rimanere nel loro stato dopo che si sono incontrate. Così il ferro unito al fuoco non ha più nulla del ferro; la terra e l'acqua che abbiano gustato il fuoco mutano le loro proprietà in quelle del fuoco. Ora, se tra forze omogenee le più forti agiscono in tal modo sulle meno forti, che cosa si deve pensare di quella potenza soprannaturale?

     È chiaro, dunque, che Cristo si riversa in noi e con noi si fonde, ma cambiandoci e trasformandoci in sé come una goccia d'acqua versata in un infinito oceano di unguento profumato. Tali effetti può produrre questo unguento in coloro che lo incontrano: non li rende semplicemente profumati, non solo fa loro respirare quel profumo, ma trasforma la loro stessa sostanza nel profumo di quell'unguento che per noi si è effuso:  siamo infatti il profumo di Cristo.

     Tale è la potenza e la grazia dell'Eucaristia.

 

12

 

     Questo mistero è grande dice Paolo, esaltando questa unione. Sono appunto le nozze tanto lodate nelle quali lo Sposo santissimo conduce in sposa la Chiesa come una vergine fidanzata. Qui Cristo nutre il coro che lo circonda e, per questo solo fra tutti i sacramenti, siamo carne della sua carne e ossa delle sue ossa.

     Ma come le membra vivono in virtù della testa e del cuore, così colui che mangia di me dice il Signore, vivrà per me. Vive certo anche per effetto del cibo, ma ben altra è la natura del sacramento. Il cibo, non essendo vivente, per sé non può immettere in noi la vita; ma, in quanto sostenta la vita già presente nel corpo, è ritenuto causa di vita per quelli che lo prendono. Invece il pane di vita, lui stesso è vivente e per lui veramente vivono coloro ai quali si comunica. Sicché, mentre il nutrimento si trasforma in chi l'ha mangiato, e il pesce o il pane o qualunque altro cibo diventano sangue dell'uomo, qui accade tutto il contrario. È il pane di vita che muove chi se ne nutre, lo trasforma e se lo assimila; siamo noi ad essere mossi da lui e a vivere della vita che è in lui, grazie alla sua funzione di testa e di cuore.

     Il Salvatore stesso, per rivelare che non alimenta in noi la vita al modo dei cibi, ma che, possedendola in sé, la inspira in noi, come il cuore o la testa la danno alle membra, dice di essere il pane vivo e aggiunge: Colui che mangia di me vivrà per me.


 

 

 

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Anno C

 

SS. Corpo e Sangue di Cristo

Giovedì dopo la SS. Trinità

 

 

1

 

Dal Trattato sui nomi di Cristo di Luigi di Leòn.

Los Nombres de Cristo,Obras completas castellanas,B.A.C.,1a edizione,Madrid,649‑659.

 

Gesù è il nostro sposo. L'unione tra questo sposo e la nostra anima è cosi profonda che il legame amoroso e l'unione dei corpi tra marito e moglie in confronto è uno smorto riflesso.

In quest'unione di un uomo e una donna non è comunicato lo spirito, mentre nell'unione dell'anima con lo sposo divino, lo Spirito di Cristo è dato e trasmesso ai giusti, secondo la parola di san Paolo: Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito! 1 (Cor 6,17)

Nell'unione coniugale i due corpi diventano uno, pur senza perdere le loro rispettive qualità; invece la persona del Verbo si è unita cosi profondamente alla nostra natura che san Giovanni osa dire: Il Verbo si fece carne? 2 (Gv 1,14)

Nell'unione del matrimonio, i corpi non ricevono la vita uno dall'altro, mentre la nostra carne vive e continua a vivere grazie all'unione di Cristo.con la nostra natura.

 

2

 

Cerchiamo di distinguere nella misura del possibile i vari aspetti di questa unione che lega strettamente tutto quanto l'uomo a Cristo e Cristo tutto intero all'uomo.

In quest'unione, l'anima del giusto è una cosa sola con l'anima di Cristo e con la sua divinità. L'amore è il cemento che li unisce, poiché il giusto ha un amore sviscerato per Cristo ed è amato da lui in modo non meno cordiale e profondo.

D'altra parte, Cristo imprime se stesso nell'anima, vi disegna la sua viva somiglianza e il suo reale ritratto, rendendola partecipe del grande bene della sua duplice natura. Quando l'anima è rivestita di Cristo, la somiglianza è tale che il giusto diventa un altro Cristo.

Oltre all'immagine di grazia deposta nell'anima come fondamento, Cristo comunica la sua forza, la sua vita e il suo agire.

 

3

 

Cristo non agisce soltanto nell'anima ma anche, e in modo stupendo, nel corpo, poiché lo unisce strettamente al suo.

Avendo assunto la nostra natura, Cristo unisce il suo corpo a quello della Chiesa. Così, tutte le membra della Chiesa che ricevono il sacramento dell'altare uniscono la propria carne a quella di Cristo e formano una cosa sola con lui, nella misura che ciò è possibile. Infatti sta scritto: I due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!3. (Ef 5,31‑32)

San Paolo non nega che questa citazione della Genesi: I due formeranno una carne sola4 (Ef 6,31)

 in origine fosse stata destinata ad Adamo ed Eva, ma egli soggiunge che tale verità era soltanto immagine di un'altra verità, allora tenuta segreta. Quando la citazione è applicata ad Adamo ed Eva, Paolo la usa semplicemente, che il senso è chiaro e ovvio; al contrario, quando essa si applica a Cristo e alla Chiesa, l'Apostolo specifica: Questo mistero e grande!5.( Ef 6,32)

 

 

4

 

Ecco le parole di Cristo che annunziano l'unione reale e autentica del suo corpo con il nostro: Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.

6 (Gv 6,53)E ancora: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.7. (Gv 6,56)

 San Paolo attesta la medesima cosa quando scrive: Pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane 8(1 Cor 10.17.)

Se dunque Adamo ed Eva sono una cosa sola nella loro unione, quanto più Cristo, sposo fedele formerà un unico corpo e una sola carne con la Chiesa, la sua amata sposa, e con i fedeli che ricevono degnamente la sua carne nell'ostia durante la celebrazione dell'unione di Cristo con la Chiesa.

 

5

 

Quando a proposito di due persone che si amano profondamente, diciamo che sono una cosa sola, l'espressione significa soltanto che ormai esse hanno un'unica volontà.

Allo stesso modo, quando la nostra carne si spoglia delle sue qualità proprie e riveste quelle di Cristo, le due carni, quella del Signore e la nostra, sono soltanto una. La nostra carne diventa allora la carne di Cristo, una parte del suo corpo.

Il ferro incandescente lo diciamo "infiammato", non perché lo sia nella sostanza, ma perché possiede le qualità del fuoco, come il calore, la luminosità e il colore.

Analogamente, il nostro corpo può essere detto corpo di Cristo, perché, anche se non abbiamo la sua stessa sostanza, ne possediamo le medèsime qualità.

 

6

 

San Paolo ci propone un'immagine assai pertinente quando proclama a gran voce: Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito.

Quando l'uomo si unisce a Dio riceve appunto nell'anima la virtù della grazia. Questa è una realtà celeste che comunica all'anima le qualità di Dio, crea in essa una grande rassomiglianza con lui. Come l'Apostolo dei Gentili afferma che lo Spirito di Dio e il nostro formano una cosa sola, cosi per poter dire che la nostra carne e quella di Cristo sono una cosa sola. basta che la nostra carne possieda qualcosa di ciò che è proprio e naturale alla carne di Cristo.

Quando mille uomini di provenienza ed estrazione diversa, di compiti differenti, di volontà e intenzioni contrarie, sono riuniti in una città, si dice che formano un medesimo corpo sociale, perché abitano in un medesimo luogo sotto identiche leggi.

A maggior ragione, potremo affermare che due carni sono una sola quando la loro unione è cosi stretta che l'una trasmette all'altra molte delle sue proprietà e virtù, per grazia, e quest'ultima le assimila in sé stessa.

 

7

 

Un guanto profumato, infilato per qualche momento nella mano, vi lascia la sua scia odorosa. Così pure la carne di Cristo, unita al nostro corpo tramite il sacramento, comunica la sua virtù alla nostra carne, colmandoci l'anima con la grazia.

Quale corpo, unito a un altro, non gli comunicherà le sue condizioni? L'aria fresca di questa sera ci è refrigèrio, mentre il caldo afoso del meriggio ci ha soffocati.

Tuttavia, non intendo dire che l'operazione con cui il nostro corpo è assimilato a quello di Cristo sia un'operazione naturale e necessaria. Se fosse cosi, capiterebbe sempre il medesimo effetto a coloro che ricevono il corpo di Cristo. Invece, sappiamo che non lo ottiene per nulla chi lo riceve indegnamente.

 

8

 

Quando Il sole dardeggia i suoi raggi su una nuvola, questa diventa come imbevuta di sole e talmente traslucida che lei stessa sembra l'astro solare.

 

Cosi quando Cristo comunica al credente non solo la sua virtù e la sua grazia, ma il suo Spirito e il suo corpo, mescola in certo modo la sua anima con quella del giusto, il suo corpo con quello di lui. Il Signore mostra se stesso attraverso gli occhi, la bocca, i sentimenti del fedele. Il volto di questi, i suoi movimenti e il modo di agire sono quelli di Cristo.

Cristo occupa cosi bene l'anima, vi prende intimo possesso pur senza distruggerla o corromperla, che nell'ultimo giorno si scoprirà soltanto Gesù in quest'anima e, nelle anime dei giusti. Cristo, perciò, e i fedeli, pur restando distinti, saranno un solo e medesimo Cristo.

 

 9

 

Dal vangelo secondo Giovanni

6,51‑58

Dopo aver moltiplicato i pani, Gesù diceva alla folla: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

 

Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo su questo vangelo. In Io,hom.46,3‑4. PG 59,260‑262.

 

Siamo le membra del corpo di Cristo.

Per giungere in pienezza a questa realtà, il Salvatore ci unisce a lui offrendosi a noi corporalmente per mezzo del cibo eucaristico. Ci mostra cosi con quale amore ardente ci ama, perché questa unione si attua attraverso la realtà della partecipazione alla sua carne divina, e non soltanto con l'affetto. Con questa unione Cristo ci costituisce nell'unità di un corpo, di cui egli è il capo. Questa è la testimonianza e il segno del più grande amore.

Giobbe vi alludeva quando disse che i suoi servi nutrivano per lui tanto affetto da desiderare di mangiàrselo. Per manifestare appunto la loro tenera affettuosità, essi dicevano: Chi ci darà le sue carni e ce ne possiamo saziare ?1 ( Gb 31,13 )

 

Cristo ha adempiuto questo desiderio per dimostrarci il suo amore e indurci ad un'amicizia totalizzante. Non si è accontentato di offrirsi agli sguardi di coloro che lo desideravano, ma si è dato da toccare, da mangiare, da masticare, da digerire: insomma, ha esaudito tutte le aspirazioni.

 

10

 

Quando torniamo dalla mensa eucaristica, siamo come leoni spiranti fuoco, capaci di atterrire il demonio. Sappiamo bene, infatti, chi è il nostro capo e quale amore ci ha offerto.

Gesù potrebbe dirci: //I genitori affidano I loro figli ad estranei, perché li allevino; io invece vi nutro con la mia carne e imbandisco la vostra mensa con me stesso. Voglio che siate tutti partecipi della mia nobiltà e riceviate il pegno delle speranze più splendide.

Colui che ha consegnato se stesso per voi in questa vita, vi colmerà molto di più in quella futura. Ho voluto essere vostro fratello e ho condiviso la vostra condizione di carne e di sangue. Ora, vi ridò questa carne e questo sangue per cui sono divenuto simile a voi. //

Questo sangue sprigiona in noi Il fulgore dell'immagine regale, veste la nostra anima d'una bellezza incomparabile la nutre e la irrora per conservarla nobile e gagliarda.

 

11

 

Il cibo che solitamente prendiamo non si trasforma immediatamente in sangue, giacché passa per mutamenti intermedi.

Ma il sangue del Salvatore in un istante irriga l'anima e le infonde una grande forza. Se è ricevuto degnamente, il sangue di Cristo scaccia i demoni, chiama gli angeli, anzi fa venire in noi lo stesso Signore degli angeli. La dove appare il sangue del Signore, i demoni fuggono e accorrono gli angeli. Questo sangue effuso purifica il mondo e la Lettera agli Ebrei fa profonde considerazioni su questo sangue che purificò i penetrali del tempio e il Santo dei santi.

In Egitto gli Ebrei aspersero di sangue gli architravi delle loro porte e la morte li risparmiò. Se quella prefigurazione fu così potente, quanta più efficacia avrà il sangue di Cristo che è la realtà stessa!

 

12

 

Il sangue dell'antica alleanza serviva per consacrare l'altare d'oro, e il sommo sacerdote non si sarebbe mai arrischiato ad entrare nel santuario senza portarne con sé. Quel sangue serviva pure ‑per consacrare i sacerdoti e per purificare simbolicamente dai peccati.

Se la morte stessa era sopraffatta da quel sangue, ombra soltanto della realtà futura, quanto più rimarrà atterrita davanti al sangue vero e reale!

Il sangue di Cristo è la salvezza delle nostre anime, le rende pure, le fa belle, le trasforma in fiamma: sì, il nostro spirito acquista bagliori più accesi del fuoco, la nostra anima diventa più splendente dell'oro. Questo sangue effuso ci spalanca il cielo.

Veramente tremendi i misteri della Chiesa, veramente tremendo l'altare!

1 Cf Gb 31.13

 

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