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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

Anno A

 

Tempo Ordinario

 

Ventesima Domenica

 

 

9

Dal vangelo secondo Luca.

17,11-19

Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi".

 

Dai discorsi di san Bernardo.

Sermo XXVII De diversis, 5-6.8.  PL 183, 614-616.

 

     Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Come ricorderete, sono queste le parole del Salvatore quando rimproverò l'ingratitudine dei nove lebbrosi. Essi avevano saputo rivolgere a Dio domande, suppliche, preghiere, come dice san Paolo, quando si erano messi a gridare: Gesù maestro, abbi pietà di noi! Tuttavia mancò loro il rendimento di grazie che conclude la suddetta enumerazione paolina, perché non tornarono indietro, non vennero a ringraziare il Signore.

     Anche oggi, molti chiedono con una certo accanimento ciò di cui si riconoscono mancanti; però si direbbe che siano ben pochi quelli che manifestano un'adeguata riconoscenza per i benefici ricevuti. Non vi è nulla di male a chiedere con insistenza. Ma se ti mostri ingrato, in realtà la tua domanda rimane inadempiuta.

 

10

 

     Forse è anche per bontà che il Signore non accoglie le richieste degli ingrati. Così ci evita di essere giudicati tanto più imperdonabili quanto più tralasciamo di manifestare riconoscenza per un cumulo di benefici in continuo aumento. In tal caso negare misericordia è proprio della misericordia.

     Beato invece quel Samaritano che riconobbe di non avere nulla che non avesse ricevuto. Egli custodì il deposito ricevuto e fece ritorno nel rendimento di grazie. Beato l'uomo che per ogni dono della grazia, ritorna verso Cristo, nel quale si trova la pienezza di tutti i doni. Il fatto di mostrarci riconoscenti a lui per i benefici ricevuti, significa creare in noi lo spazio adeguato a riceverne ancora di più grandi. L'ingratitudine sola impedisce in noi il progresso della crescita.

 

11

 

     L'uomo felice è colui che si reputa Samaritano, cioè straniero e il quale, magari per piccoli favori, ringrazia sempre con non piccola gratitudine. Egli sa perfettamente che i doni del Regno che Dio gli concede, si rivolgono nella sua persona a un estraneo, cioè a qualcuno che non ha nessun titolo che lo raccomandi.

     Quanto a noi, poveri e miseri come siamo, finché dura la nostra consapevolezza di essere degli estranei, ci mostriamo timorosi, umili, devoti. Ma poi dimentichiamo facilmente quanto poco ci erano dovuti i benefici che Dio ci elargì. A torto presumiamo di essere gli intimi del Signore, senza far attenzione fino a qual punto meriteremmo di sentirci dire: I nemici di Dio saranno quelli della sua casa. Infatti, allora lo offendiamo con più facilità, dimentichi che i nostri peccati meriteranno di essere condannati con severità maggiore, secondo le parole del salmista: Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato.

 

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     Fratelli, umiliamoci sempre di più sotto la potente mano di Dio e mettiamo ogni sforzo a rigettare ben lontana l'ingratitudine, questo vizio odioso, enorme. Invece, di tutto cuore dedichiamoci al rendimento di grazie, in modo da attirare su di noi il favore del nostro Dio, l'unico che ci possa salvare.

     E la nostra non sia una riconoscenza solo a parole, a fior di labbro, ma una riconoscenza capace di tradursi in opere, in realtà concreta. Infatti un'azione di grazie, vale a dire un ringraziamento vissuto più che parlato è quanto richiede il Signore nostro Dio, datore di ogni grazia, lui che è benedetto nei secoli. Amen.

 

 

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Ventesima Domenica

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Luca.

17,11‑19

Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!".

17,11‑19

 

Dai Discorsi di Giovanni Giusto Lanspergio.

Sermo In 14 dom.post Trin.,Opera omnia,Monsterolii,1890,t.I,570.572-574.

 

Parleremo dei dieci lebbrosi che il vangelo di oggi ricorda. Come in altri passi, essi rappresentano i peccatori. Chi si riconosce tale e vuol essere purificato faccia come i lebbrosi del vangelo.

Questi poveretti hanno la fede, poiché credono che Cristo potrà loro restituire la salute. Se non avessero avuto questa fede, come avrebbero potuto accorrere verso Gesù Salvatore? Come avrebbero potuto supplicarlo di guarirli?

Uno si affida al medico soltanto se crede che questi lo possa sanare. La fede dunque sospinge  lebbrosi a incontrarsi con Cristo.

Se anche tu senti che la piaga della lebbra ti brucia dentro, affrettati verso Cristo. Se mi domandi dove egli si trovi, ti risponderò che sta all'uscio del tuo cuore. E' li che ti aspetta e bussa dicendo: Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta,io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.1(Ap 3,20)

 

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lebbrosi si tengono a distanza nella vergogna e nell'umiltà della conoscenza di sé, sapendosi immondi per la loro sozza malattia. Allo stesso modo, il pubblicano pregava in fondo al tempio senza neppure osare di alzare gli occhi. Anche Maria, la sorella di Marta, si accosta ai piedi del Signore, restando discretamente dietro di lui.

In realtà, c'è una vergogna che precipita nel peccato, e una vergogna che è onore e grazia. A chi non sa provare dolore del suo peccato Il Signore dice per il ministero di Geremia: Sfrontatezza di prostituta e la tua.. ma tu non vuoi arrossire.2(Ger 3,3)

D'altro canto, i lebbrosi offrono al Signore una preghiera intrisa di lacrime, esprimendogli con forti grida e lamenti il pungente desiderio di riacquistare la salute.

 

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Nel grido dei lebbrosi non consideriamo le strida, ma la profondità del desiderio. Mosè pregava in silenzio e Dio gli disse:Perché gridi verso di  me?3(Es 14,15) Il suono infatti non usciva dalla bocca ma dal cuore; era l'intensità orante del desiderio a gridare.

I lebbrosi esprimono il loro anelito con un grido, e la loro prima parola è il nome che salva, Gesù, perché dicono: Gesù maestro,, abbi pietà di noi. Non c'è infatti salvezza in altri nomi, se non in quello di Gesù. Solo invocando lui è stabilito che potremo essere salvati.

Non vi è nulla di peggio per il peccatore che perseverare nel suo peccato. Ma per chi cerca la salvezza, non vi è nulla di più efficace che riconoscere la propria vergognosa deformità e struggersi dal dolore per la sua vita sbagliata che ha offeso Dio. Quest'uomo con dispiacere ostinato piange i suoi sbandamenti e si accusa davanti a Dio dicendo:Mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non posso più vedere. Degnati, Signore, di liberarmi. 4(Sal 39,13.14)

Esdra, pregando per il popolo, imputava a se stesso le trasgressioni di tutti, dicendo: Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare la faccia verso di te, Dio mio, poiché la nostra colpevolezza raggiunge il cielo.5(Esd 9,6)

 

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1 lebbrosi ottengono che lo sguardo di Dio li raggiunga. Sta scritto infatti che Gesù li vide. Questo sguardo della misericordia divina ha un valore da non trascurare per la giustificazione dei peccatori, anzi è necessario. Dopo uno sguardo di quel genere, Pietro uscì dal cortile del sommo Sacerdote e pianse amaramente. Perché? Per aver rinnegato il Signore. Grazie a quello sguardo finalmente Pietro riconobbe la sua ingratitudine, si rese conto che ad ogni costo non avrebbe dovuto rinnegare il Maestro.

Sotto lo sguardo di Dio l'uomo acquista occhi per vedere. Si esamina, sì scruta e avverte di annaspare nelle tenebre. Allora può intraprendere un cammino di conversione verso Dio, lo invoca pieno di fiducia e riesce a maturare un progetto di vita libera da ogni egoismo.

Il Signore Gesù Cristo ci conceda questa grazia, lui che è benedetto nei secoli. Amen.

 

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