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Letture della preghiera notturna dei certosini

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  Anno A

 

Tempo Ordinario

 

Quattordicesima Domenica

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Matteo.

7,15-21

Poiché i discepoli si erano avvicinati a Gesù, sulla montagna, egli dichiarò loro: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci".

 

Dai Discorsi di Luigi di Granada.

Domingo VIII desp. de Pentecostés, Sermon I y II. Impr. B. Barco López, Madrid, 1791, t. VIII.

 

     Guardatevi dai falsi profeti: fate attenzione, vigilate senza sbadataggine ma con ogni prudenza da quei lupi che vengono a voi travestiti da pecore. Il travestimento consiste anzitutto in un carezzevole linguaggio, in parole melliflue che seducono i cuori semplici. C'è un proverbio che dice: "Musica dolce e melodiosa prende l'uccello nella tagliola".

     Il travestimento dei lupi è poi tutto quello che una santità formalista esibisce in fatto di digiuni, elemosine, preghiere, affettato dispregio per le ricchezze, e così via. Chi assume questi comportamenti sembra pecora e invece dentro è lupo vorace, avido di sbranare le semplici e innocenti pecore del Salvatore. Individui di tale stampo sono persino più pericolosi di chi è lupo dichiarato; tanto più inducono in inganno, quanto più appariscente è la santità fittizia sotto cui si mascherano.

 

10

 

     Voi direte: "Come riconoscere questi falsi profeti che vengono a noi con apparenza mite e con perfidia belluina, proclamando ovunque Gesù Cristo, il suo vangelo e la Parola di Dio?".

     Nostro Signore offre un segno infallibile: Dai loro frutti li riconoscerete. Per quanto costoro fingano, prima o poi si tradiranno rivelando che non sono guidati dallo Spirito di Dio. Se uno osserva con maggiore attenzione il genere di vita che conducono e le loro abitudini, scoprirà di chi si tratta: è gente che ama soddisfare se stessa, assetata di gloria umana. Sono adulatori, invidiosi, maldicenti, calunniatori, ghiottoni; cercano i propri interessi, operano per il proprio tornaconto e non per la verità.

     Ecco le pennellate con cui le Scritture - soprattutto san Paolo - dipingono questi individui. Mi raccomando, fratelli, - scrive l'Apostolo - di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontano da loro.

 

11

 

     Fratelli, secondo quanto dichiara il Salvatore, dobbiamo fissare l'attenzione non sulle parole, ma sulle opere. La vite può essere frondosa, ma non portare uva, così come il fico non far frutti. Quindi i pastori autentici e i veri ministri della Chiesa si riconoscono non dai discorsi ma dal loro modo di rapportarsi ai poveri, alle vedove, ai disabili, agli emarginati.

     Come si comportano in ordine a sé e agli altri uomini, anche ai più miserabili? Sanno essere duri e austeri nei propri confronti? Verso i fratelli sono lo specchio della bontà di Dio, della sua pazienza e misericordia? Questa loro compassione non escluderà però fermezza, severità talvolta, quando lo richieda la giustizia.

     Ecco dunque i frutti esterni, concreti e visibili, dei ministri ecclesiali, con cui giudicare se l'albero è buono o cattivo.

     Si potrà anche obiettare che il loro operato nasconda motivazioni viziate dalla smania di successo o dall'ambizione di maggiore prestigio. Fratelli, noi possiamo conoscere solo i frutti esterni. L'unico a cui spetta scrutare l'interno dei cuori è Dio. Soltanto lui può discernere pensieri e intenzioni, e pesare come su una bilancia i meriti degli uomini.

     Lasciamo a Dio quello che è suo e noi limitiamoci a valutare quanto è a nostra portata.

 

12

 

     Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti si ripromettono la salvezza a furia di invocare senza tregua il nome del Signore. Invece è chiaro che il Signore smentisce questa convinzione. Non serve a nulla invocare il nome divino, se non obbediamo ai comandamenti di Dio, espressione della volontà del Padre.

     Per discernere se siamo autentici cristiani, giova sapere che la pratica del bene talvolta è facile, talvolta no. C'è gente che soffre non poco di egocentrismo. Non è difficoltoso ripetere stancamente le parole della preghiera. Non richiede grandi sforzi dedicarsi a letture devote, ascoltare qualche catechesi, partecipare ogni giorno alla liturgia, persino condividere su temi spirituali. Ma è molto più oneroso rinunciare a se stessi, crocifiggere le passioni e le voglie istintive, restituire quello che ci eravamo appropriati indebitamente. Perdonare le offese, tenere a freno la lingua, padroneggiare gli sguardi e gli impulsi per serbare puri il cuore e il corpo sono un cammino di vita arduo e faticoso.

     Digiunare nel corpo, secondo la pratica personale o le leggi della Chiesa, va bene. Ma digiunare nella volontà propria per consacrarsi in pieno a quanto Dio vuole, questo ha una priorità incontestabile. Solo così si vive non per se stessi, ma per Dio.

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Quattordicesima Domenica

 

9

 

Dal vangelo secondo Matteo.

7,15-21

Poiché i discepoli si erano avvicinati a Gesù, sulla montagna, egli dichiarò loro: "Guardatevi dal falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci

 

Dalle Opere di sant'Ilario di Poitiers.

Ad Mt 6,4‑5. PL 9,952‑953. In Ps.1,6‑7.10. PL 9,253‑254.256‑257.

 

Il Signore ci avverte che le parole adulatrici e le moine devono essere giudicate dai frutti che producono Dobbiamo perciò giudicare ognuno non quale si dipinge a parole, ma come si comporta a fatti, perché molti uomini hanno la rabbia del lupo nascosta da una veste di pecora.

 

Come i pruni non danno uva e i rovi non producono

fichi, e come gli alberi cattivi non portano frutti mangerecci,

ci dice Gesù così non certo nelle belle parole consiste

la realtà delle opere buone, ma tutti devono venire giudicati

dai propri frutti.

 

Limitarsi a belle parole non è sufficiente per ottenere il regno dei cieli; non è certo colui che dice Signore, Signore, che sarà l'erede. Infatti, qual merito si ha nel dire Signore al Signore? Forse che egli cesserebbe di essere il Signore se non lo chiamassimo così? Su cosa si baserebbe una santità ristretta all'invocazione di un nome, dal momento che la via del regno dei cieli si trova piuttosto nell'obbedienza alla volontà di Dio che non nel fatto di chiamare il suo nome?

 

10

 

Il vangelo prosegue: Molti mi diranno in quel giorno:

Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome?1(.Mt7,22) Gesù condanna l'arroganza dei falsi profeti e le simulazioni degli ipocriti che si procurano gloria con la potenza della parola.

Costoro s'illudono di procacciarsi il regno dei cieli mediante il loro insegnamento profetico, gli esorcismi o simili azioni strabilianti, come se qualcosa appartenesse loro personalmente in tali parole e in tali opere! Hanno torto, perché tutto è compiuto dalla potenza di Dio, che essi invocano. In realtà, solo la lettura dei libri sacri dà la scienza della dottrina e solo Il nome di Cristo mette in fuga i demoni.

Quanto a noi, se vogliamo pervenire alla beatitudine eterna, dobbiamo essere coinvolti a livello dei nostro io più intimo: volere il bene, evitare il male, obbedire di cuore ai precetti divini. Dio ci riconosce come suoi se configuriamo i nostri atti alla sua volontà piuttosto che farci grandi con ciò che appartiene alla potenza divina.

 

11

 

Molta gente, per paura, resta nei limiti di quanto la fede prescrive. mentre soltanto pochi aderiscono per volontà consapevole ai comandamenti. La paura non si arrischia a trasgredire quello che teme; Invece la fede perfetta obbedisce con scelta volontaria.

Beato perciò l'uomo, la cui volontà non il timore è radicata nella legge divina. Tuttavia volere soltanto non basta per ottenere la beatitudine perfetta: ci vuole un'altra operazione. Infatti il salmista dice: Beato l'uomo che si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte.2.(Sal11,12)

 

Bisognerà allora consumarsi nella meditazione continua e indefessa della Parola di Dio? La nostra debolezza umana non potrebbe tollerarlo, perché essa ci obbliga a riposare, a mangiare, a dormire...

Meditare la Scrittura non consiste soltanto nel leggere parole, ma nell'incarnarle con la vita. Non basta passare in rassegna libri e scritture, ma ci è chiesto di meditare a fatti ciò che essi contengono. Di giorno e di notte tutte le nostre azioni devono tradurre in pratica la Parola di Dio, secondo questa parola dell'Apostolo: Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.3.(1Cor10,31)

 

12

 

Chi osserva la legge assomiglia all'albero piantato lungo un corso d'acqua che dà un frutto razionale e volontario, a suo tempo. Di che tempo si tratta? Di quello che l'Apostolo designa quando afferma che Dio ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto., nella sua benevolenza aveva in Cristo prestabilito, per realizzarlo nella pienezza dei tempi.4.(Ef1,9‑10)  1 tempi saranno compiuti, quando Dio darà a ciascuno ciò ch'egli deve ricevere, quando il dono divino potrà essere accolto nella pienezza dei tempi. Il portare frutto, infatti, è riservato per quel tempo definitivo.

Che frutto sarà allora elargito? L'Apostolo ce lo ricorda dicendo: Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso.5.(Fil 3,20‑21) Dio ci darà allora il frutto, che ha già dato al corpo umano assunto da Gesù. La sua mortalità, infatti, è già stata assorbita dall'immortalità, sicché nel salmo il suo corpo umano è raffigurato col simbolo dell'albero, sempre verde e frondoso. Anche l'uomo diverrà simile a quell'albero e sarà beato, quando verrà configurato al suo Signore nella gloria di Dio.

 

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