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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

Anno A

 

T E M P O  D I  P A S Q U A

Sesta Settimana

 

Il ritorno al Padre

 

Cristo si è fatto Figlio dell'uomo, perché noi fossimo figli di Dio, e ci ha lasciato il comandamento dell'amore, perché lo seguissimo nel salire al Padre. In questa nostra ascesa si alternano lotta e riposo. ma ci e sempre possibile trovare il Padre nel cielo dell'anima.

 

139

 

Lunedì

 

Dai Capitoli sull’Incarnazione di san Massimo il Confessore.

II Centuria,94‑95. Filocalia,Torino,1983,Vol.2°,162‑163.

 

Finché uno passa con fortezza attraverso i divini combattimenti dell'ascesi, in virtù dei precetti evangelici trattiene presso di sé il Verbo venuto nel mondo da parte del Padre. Ma una volta che si è liberato dalle lotte contro le passioni proprie della via ascetica, e si è rivelato vincitore delle passioni e dei demoni, raggiunge la contemplazione. Allora, permette al Verbo di lasciare di nuovo il mondo e di andare al Padre.

Per questo il Signore dice ai discepoli: Voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre. Probabilmente, Cristo chiama "mondo" la faticosa attività delle virtù ascetiche e "Padre" quello stato dell'intelletto che trascende il mondo ed è libero da ogni percezione materiale. In questo stato il Verbo di Dio è in noi e fa cessare la battaglia contro le passioni e i demoni.

Chi mediante l'ascesi è riuscito a mettere a morte le membra che sono sulla terra e a vincere con la parola dei comandamenti il mondo delle passioni che aveva in sé, non avrà ormai più alcuna afflizione; ha già lasciato il mondo e dimora in Cristo che ha vinto il mondo delle passioni ed è elargitore di ogni pace.

 

 

 140

 

Martedì

 

Dai Discorsi di san Leone Magno.

Sermo 77. PL 54,414.

 

L’incarnazione del Verbo viene indicata agli apostoli come promozione dell'uomo: essi erano rimasti turbati per l'annuncio della partenza del Signore, e Cristo li richiama alle gioie eterne, additando l'accrescimento della sua stessa gloria.

Se mi amaste, dice Gesù, vi rallegrereste che io vado dal Padre. Come se il Signore dichiarasse: "Se riusciste a vedere con conoscenza piena quale gloria a voi deriva dal fatto che io, generato dal Padre, sia nato anche da una madre umana; Signore dell'eternità abbia voluto essere uno dei mortali; invisibile come sono mi sia mostrato visibile e abbia accolto la natura di servo pur essendo Dio, ‑ vi rallegrereste che io vado dal Padre.

Questa ascensione per voi è vantaggiosa, perché la vostra umiltà è innalzata in me sopra tutti i cieli, per essere collocata alla destra del Padre. Io, che insieme con il Padre, sono ciò che è il Padre, rimango inseparabile da colui che mi ha generato; perciò non mi allontano da lui venendo a voi, come non lascio voi ritornando a lui.

Godete dunque che io vado dal Padre, perché il Padre e più grande di me. Vi ho uniti a me, divenendo Figlio dell'uomo, perché possiate essere figli di Dio. Ecco perché, pur essendo uno solo in ambedue le nature, sono minore del Padre, in quanto simile a voi; in quanto invece non sono diviso dal Padre, sono anche maggiore di me.

Perciò quella natura che è inferiore al Padre, salga al Padre, affinché così la carne sia la dove sempre è il Verbo; e l'unica fede della Chiesa cattolica creda uguale secondo la divinità colui che pur riconosce minore secondo l'umanità.

 

 

141

 

Mercoledì

 

Dal "Metodo e Canone rigoroso" di Callisto e Ignazio Xanthopouli. (Pronuncia: Xantòpuli) Nn.,9‑10. Filocalia,Torino,1987,vol.40,157‑158. Filocalia, Firenze, 1981,t.II,148.

 

L'invocazione con fede del nome del Signore Gesù rende più salda la nostra speranza di ricevere la misericordia e la vita vera che è nascosta in lui. Il nome del Signore Gesù Cristo, invocato puramente nell'intimo del cuore, fa sgorgare come un'altra eterna sorgente divina.

Mediante la pace che non ha confini e supera ogni intelligenza, siamo fatti degni della riconciliazione con Dio e tra di noi. Mediante l'amore, la cui gloria è incomparabile, perché e principio e termine della legge e dei profeti,

‑ Dio stesso non è forse definito amore? - noi ci uniamo totalmente a lui.

Così il nostro peccato viene abolito dalla giustizia di Dio e dalla grazia dell'adozione che agisce straordinariamente in noi mediante l'amore.

È detto infatti: La carità copre una moltitudine di peccati.

E: La carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità  non avrà mai fine.

Perciò anche lo stesso buonissimo e dolcissimo Signore nostro Gesù Cristo, quando andò per noi alla sua passione volontaria, quando, dopo la risurrezione apparve ai discepoli, certo anche quando stava per tornare colui che per natura e suo Padre  per grazia anche nostro, allora, come vero padre affettuoso, lasciò queste cose a tutti i suoi, come comandamenti d'addio, come consolazioni; lasciò loro, per così dire, pegni pregevoli, dolcissimi, sicuri o piuttosto come inalienabile eredità divina. E lo ha fatto con le parole che disse ai suoi discepoli nell'imminenza della sua passione salvifica: Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò.

 

 

142

 

Venerdì

 

Dal "Cammino di perfezione" di santa Teresa d'Avila.

Camìno de Perfecciòn, XXVIII,1‑3. Obras, Burgos,1922,462‑463.

 

Credete che importi poco sapere che cosa sia il cielo e dove si ha da cercare il vostro adorabilissimo Padre? Vi assicuro che per le menti svagate importa molto non soltanto credere a questa verità, ma cercare di farne l'esperienza, mezzo questo eccellente per fissare l'intelletto e raccogliere lo spirito.

Voi sapete che Dio è dovunque. Ed è chiaro che laddove sta il re, vi è la sua corte. Perciò, dove sta Dio, lì è il cielo. Potete credere con certezza che dove si trova la maestà di Dio, vi è tutta la gloria.

Ricordate ciò che dice sant'Agostino, il quale dopo aver cercato Dio in molti luoghi, lo trovò finalmente in

se stesso. Credete che importi poco per un'anima soggetta­ a distrazioni comprendere questa verità e conoscere che per parlare con il suo Padre celeste e godere della sua compagnia non ha bisogno di salire al cielo né di alzare la voce? Per molto basso che parli, Dio le è così vicino che sempre la ode. Per cercarlo non ha bisogno di ali, perché basta che si ritiri in solitudine e lo contempli in se stessa, senza sentirsi smarrita di ricevere un tale ospite.

L'anima gli parli con grande umiltà, come a un padre e come a un padre ricorra a lui. Gli racconti le pene che soffre, gliene chieda il rimedio, riconoscendosi indegna di essere chiamata sua figlia.

 

Bando a quella timidezza eccessiva in cui cadono certe persone che giungono perfino a giudicarla umiltà! L'umiltà non consiste nel rifiutare un favore regale, ma nell'accettarlo e nel rallegrarsene, pur riconoscendosene indegni.

 

                                                              

143

 

Sabato

 

Dal Commento al Cantico dei cantici di Guglielmo di Saint Thierry.

Exposé sur le Cantique des cantiques, 146. SC 82,308‑310.

 

La sposa con trepida tenerezza volge assiduamente il cuore verso il luogo dove fin d'ora ha posto il suo tesoro. Ogni giorno aspetta e riceve la visita quotidiana della forza divina, che giorno dopo giorno, come una veste, la ricopre dall'alto, finché sciolta finalmente dai lacci della carne, meriti di essere accolta nella dimora eterna dello Sposo.

Nella Chiesa, nell'unità della fede, l'anima sposa e dunque spesso illuminata dalla grazia di una visita interiore; spesso, in virtù della contemplazione, la sposa segue con tenero amore lo Sposo, elevandosi fino alla visione della pace celeste e alla dignità del talamo regale.

Ma il peso della sua condizione terrena non le permette mai di dimorarvi a lungo; ricevuto in pegno lo Spirito dello Sposo e lasciato in lui in pegno il proprio spirito, troppo presto è rimandata nella casa della sua povertà. non senza aver riportato dalla contemplazione delle ricchezze dello Sposo una qualche conoscenza di ciò che le manca.

Da questo momento sino alla fine, ecco ordita la trama del sacro cantico dell'amore: speranza impaziente, crocifiggente desiderio, sapienza ordinatrice, amore dell'uomo che si slancia, grazia che gli viene incontro. Finché, al termine, passando dal tedio dell'attesa all'intima unione, il dolore di colui che sospira si trasforma nel gaudio di chi possiede per sempre.

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

Anno C

 

T E M P O  D I  P A S Q U A

Sesta Settimana

 

VANGELO (Gv 16,25-30)

 

Prima di passare da questo mondo al Padre, Gesù diceva ai suoi discepoli:

Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre». Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».

Il ritorno al Padre

Conversione e prova sono i due momenti dialettici della vita contemplativa:(141) sgominare le passioni infatti, indirizza risolutamente verso il Padre dei cieli. (137)
Custodire la carità significa dimorare in Dio (138), perché tramite l’amore e l’invocazione del “Nome” riceviamo tutti i beni(139), soprattutto lo Spirito Santo (140).

137

Lunedì

 

Dai “Capitoli sull’Incarnazione” di san Massimo il confessore.

FC, 2°, 162-163.

Finché uno passa con fortezza attraverso i divini combattimenti dell’ascesi, trattiene presso di sé il Verbo venuto da parte del Padre nel mondo tramite i comandamenti. Ma quando, una volta che si è liberato dalle lotte contro le passioni proprie della via ascetica, si è rivelato vincitore delle passioni e dei demoni, si volge alla contemplazione.

Allora, mediante essa permette al Verbo di lasciare di nuovo il mondo e di andare al Padre. Per questo il Signore dice ai discepoli: Voi mi avete amato e avete creduto che io sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; di nuovo lascio il mondo e vado al Padre (Gv 16,27s.). Cristo chiama probabilmente “mondo” la faticosa attività delle virtù ascetiche; e “Padre” quello stato dell’intelletto che trascende il mondo ed è libero da ogni sentire materiale in forza di cui il Verbo di Dio è in noi e fa cessare la battaglia contro le passioni e i demoni.

Chi mediante la pratica è riuscito a mettere a morte le membra che sono sulla terra, e a vincere con la parola dei comandamenti, il mondo delle passioni che aveva in sé, non avrà ormai più alcuna afflizione; ha già lasciato il mondo e dimora in Cristo che ha vinto il mondo delle passioni ed è elargitore di ogni pace.

138

Martedi

 

Da “La vita in Cristo” di Nicola Cabasilas.

Libro V, cap.VI. PG 150,720-721.

Dei figli è proprio l’amore perfetto che bandisce ogni timore. Chi ama così non deve temere di perdere la mercede come i mercenari, o di ricevere le battiture come gli schiavi: questo puro amore è proprio solo dei figli.

Così la grazia infonde la carità vera nell’anima degli iniziati ai misteri.

Quale sia poi la sua operazione in loro e quale esperienza doni, lo sanno coloro che l’hanno conosciuta. In linea di massima si può dire che la grazia infonde nell’anima la percezione dei beni divini: dando a gustare grandi cose, ne fa sperare ancora di più grandi e fondandosi sui beni già ora presenti, inspira ferma fede in quelli ancora invisibili.

La nostra parte invece è custodire la carità. Non basta semplicemente incominciare ad amare ed accogliere in sé questa passione; bisogna conservarla e alimentare il fuoco perché duri. Ora, restare nell’amore, nel quale è ogni beatitudine, significa appunto restare in Dio e possederlo dimorante in noi.

Questo si attua, e l’amore sarà ben radicato nella nostra volontà, quando noi vi giungiamo mediante l’osservanza dei comandi e delle leggi del Diletto Salvatore. Perciò Cristo dice: Se osserverete i miei comandi rimarrete nel mio amore (Gv 15,10). La vita beata è frutto di questo amore. L’amore infatti concentra la volontà dispersa da ogni dove, la distacca da tutte le altre cose e dallo stesso io volente, per farla aderire a Dio solo.

139

Mercoledì

 

Dal “Metodo e Canone rigoroso” di Callisto e Ignazio Xanthopouli.

FG,4°,157-158.

Mediante l’invocazione con fede del nome del Signore Gesù Cristo speriamo fermamente di ricevere la misericordia e la vita vera che è nascosta in lui, poiché il nome del Signore Gesù Cristo, invocato puramente all’interno del cuore, fa sgorgare come un’altra eterna sorgente divina.

Mediante la pace che non ha confini e che supera ogni intelligenza, siamo fatti degni della riconciliazione con Dio e tra di noi. Mediante poi l’amore, la cui gloria è incomparabile, e che è esso stesso termine e ricapitolazione della legge e dei profeti, - e Dio stesso è definito “amore” (cf 1 Gv 4,8) - noi ci uniamo totalmente a Dio; così il nostro peccato viene annullato dalla giustizia di Dio e dalla grazia dell’adozione che agisce straordinariamente in noi mediante l’amore. E’ detto infatti: L’amore copre la moltitudine dei peccati (1Pt 4,8), e: La carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine (1 Cor 13,7s.).

Perciò anche lo stesso buonissimo e dolcissimo Signore nostro Gesù Cristo, quando andò per noi alla sua passione volontaria, e quando, dopo la risurrezione, apparve ai suoi discepoli, e certo anche quando stava per tornare a colui che per natura è suo Padre e per grazia anche nostro, allora, come vero padre affettuoso, lasciò queste cose a tutti i suoi, come comandamenti d’addio, consolazioni; lasciò loro, per così dire pegni gradevoli, dolcissimi e sicuri, o piuttosto come inalienabile eredità di Dio. E lo ha fatto con le parole che dice ai suoi discepoli, nell’imminenza della sua passione salvifica: Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò (Gv 14,13).

 

Giovedì

Secondo il rito certosino oggi si celebra la Solennità dell'Ascensione del Signore

 

140

Venerdì

 

Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano.

Hom.19,7-9, PGL 19,1266s.

Colui che vuole davvero piacere a Dio, ottenere da Dio la grazia celeste dello Spirito, progredire fino alla pienezza nello Spirito Santo, deve imporsi di osservare tutti i comandamenti, sottomettervi con forza il suo cuore recalcitrante. Seguirà insomma questa parola della Scrittura: Tengo cari i tuoi precetti e odio ogni via di menzogna (Sal 118,128).

Come uno si obbliga a perseverare nella preghiera e si ostina in questo esercizio fino a quando preghi facilmente, così, se ha buona volontà, si impone la pratica di tutte le virtù e si abitua ad un comportamento corretto. Senza posa supplica il Signore e lo prega. Egli sarà esaudito, riceverà la grazia di gustare Dio, di comunicare al suo Santo Spirito. Allora, tutto questo farà sviluppare, farà crescere il tesoro di grazia che gli fu concesso, e che consiste nella sua umiltà, nel suo amore, nella sua mitezza che è il suo luogo di riposo.

Lo Spirito ci insegnerà la vera preghiera, di cui per ora siamo incapaci, anche facendoci violenza; lo Spirito ci condurrà alla bontà misericordiosa, ad osservare tutti i comandamenti del Signore. Ci insegnerà ad osservarli in verità, senza tensione, senza violentarci. Lo Spirito infatti sa colmare il nostro cuore con i suoi doni.

141

Sabato

 

Dal “Commento al Cantico dei Cantici di Guglielmo di san Teodorico”.

N.146. PL 180,525-526.

La sposa con ansiosa e tenera pietà volge assiduamente il cuore verso il luogo dove già riposa lo Sposo, il suo tesoro; ogni giorno aspetta e riceve la visita quotidiana della forza divina, che di giorno in giorno, come una veste, la ricopre dall’alto, finché sciolta finalmente dal vincolo della carne, meriti di essere accolta ad abitare eternamente con lo Sposo.

Nella Chiesa, nell’unità della fede, l’anima sposa è dunque spesso illustrata dalla grazia di una visita interiore; spesso, in virtù della contemplazione, la sposa segue con tenero amore lo Sposo, elevandosi fino alla visione della celeste pace e alla dignità del talamo regale. Ma il peso della sua condizione terrena non le permette mai di dimorarvi a lungo; ricevuto in pegno lo Spirito dello Sposo e lasciato a lui in pegno il proprio spirito, subito è rimandata nella casa della sua povertà, non senza aver riportato una qualche conoscenza di ciò che le manca, dalla contemplazione delle ricchezze dello Sposo.

Da questo momento sino alla fine, ecco ordita la trama del sacro cantico dell’amore: speranza impaziente, crocifiggente desiderio, sapienza ordinatrice, amore dell’uomo che si slancia, grazia che gli viene incontro. Finché, al termine, passando dal tedio dell’attesa all’intima unione, il dolore di colui che sospira si trasforma nel gaudio di chi possiede per sempre.

 

 

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