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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Anno A

 

T E M P O  D I  P A S Q U A

Quinta Settimana

 

 

La partenza di Cristo, condizione per la venuta dello Spirito

 

La nostalgia di Dio (137), così come la sua presenza e la sua assenza, allenano l'anima alla carità perfetta (134. 136). Il mistero pasquale - morte per una risurrezione ‑ e l'itinerario del credente (133), mentre il cuore e il labbro senza posa chiedono al Padre lo Spirito nel nome di Gesù (135), per giungere alla verità tutta intera del disegno divino (138).

 

133

 

Lunedì

 

Dalle Catechesi di Simeone il nuovo Teologo.

Catéchèse XIII. SC 104,192.194‑196.

 

Esaminiamo con cura che cos'è il mistero della risurrezione di Cristo, nostro Dio: senza posa questo mistero si riproduce misticamente in noi, a patto però di volerlo. Consideriamo in che modo Cristo è sepolto in noi come in un sepolcro, in che modo risuscita unendosi alle nostre anime che fa risorgere con se.

In realtà, quando usciamo dal mondo ed entriamo nel sepolcro della penitenza e dell'umiltà, assimilandoci ai patimenti del Signore, lui stesso scende dal cielo ed entra nel nostro corpo come in un sepolcro; lui stesso si unisce alla nostra anima totalmente morta che egli fa risuscitare insieme con se. E colui che risorge con Cristo diventa capace di contemplare la gloria della sua mistica risurrezione.

La risurrezione dell'anima e l'unione con la vita. Ora, il corpo morto non può vivere né dirsi vivo se non riceve in sé l'anima vivente, unendosi a lei pur senza fusione. Allo stesso modo, l'anima non può vivere da sola e per virtù propria, ma deve essere unita in modo ineffabile a Dio, che è la vera vita eterna, pur rimanendo distinta da lui. Prima di questa unione di conoscenza, di visione e di sentimento, l'anima e morta, pur essendo immortale per natura e dotata di intelligenza. Nelle realtà spirituali, se l'intelletto non perviene alla contemplazione di ciò che oltrepassa la riflessione, non avverte nulla dell'attività mistica: e come morto.

 

 

134

 

Martedì

 

Da "La scala di Giacobbe" di Guigo II,certosino.

La Scala di Giacobbe,10. Tornerò al mio cuore, Qiqajon,Bose, 1987,3536.

 

Non temere, o sposa, non disperarti, non crederti disprezzata se per un certo tempo ti sottrae lo Sposo il suo volto. Tutto ciò concorre al tuo bene: dal suo accostarti come dal suo ritirarsi tu trarrai un guadagno.

Per te egli viene, per te anche si ritira. Viene a tua consolazione e si ritira a tua difesa, perché tu non monti in superbia per la grandezza della consolazione; c'è il rischio che ti metta a disprezzare i tuoi compagni perché lo Sposo è sempre con te e tu finisca con l'attribuire questa consolazione alla tua natura invece che alla grazia. Essa invece è una grazia che lo Sposo distribuisce quando vuole e a chi vuole, che non si possiede per diritto ereditario.

Dice un proverbio che la familiarità induce al disprezzo: così lo Sposo si ritira perché non gli avvenga di essere disprezzato a causa della sua assiduità, perché sia maggiormente desiderato a causa della sua assenza. Egli conosce che, se sarà desiderato, verrà più avidamente cercato; se cercato a lungo, alla fine sarà trovato: e allora più grande ne risulterà l'azione dì grazie.

Di più: se non venisse mai meno questa consolazione, che è confusa e imperfetta rispetto alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi, potremmo pensare di avere quaggiù una città stabile e cercheremmo con minor forza quella futura.

Allora, affinché non prendiamo l'esilio per la patria e la caparra per il premio finale, lo Sposo alternatamente viene e si ritira: ora offre consolazione, ora la muta nel letto di dolore di un malato. Per un certo tempo ci permette di gustare quanto è buono; poi, prima di essere gustato pienamente, si sottrae.

Dispiega le ali volteggiando sopra di noi per spingerci a volare a nostra volta, quasi dicendo: Poco avete gustato come sono buono, come sono dolce. Se volete saziarvi pienamente della mia dolcezza, correte dietro a me al profumo dei miei aromi, tenete in alto i cuori: perché là io sono, alla destra di Dio Padre, la mi vedrete, non come in uno specchio, in maniera confusa, ma a faccia a faccia. Allora il vostro cuore si rallegrerà pienamente e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.

 

  

135

 

Mercoledì

 

Dal "Metodo e canone rigoroso" di Callisto e Ignazio Xanthopouli. (Pronuncia: Xantòpulì)

Nn.11‑13. Filocalia,Torino,1987,vol.4°,160‑161. Filocalia, Firenze 1981,t.II,148.

 

La vita in Dio è come una preziosa catena, una corda intessuta d'oro, che collega una virtù all'altra, in una pura reciproca dipendenza, e tutte insieme compone in unita. Di fatto, le virtù, pur essendo molte, realizzano un'opera unica, quella di deificare l'uomo che vive sinceramente con esse. Le virtù lavorano ad arricchirlo, quasi con gemme ed anelli, dell'invocazione del nome amato del Signore Gesù, nella fede e, se si vuole, nella speranza e nell'umiltà; lo arricchiscono anche della pace e dell'amore.

Sì, il dono e la venuta dello Spirito Santo nei fedeli sono dati in Cristo e nel suo santo nome. Lo dice agli apostoli lo stesso Signore Gesù Cristo, amante delle anime, lui che è Dio al di là di Dio. È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza.

Specialmente quelli che hanno deciso d'impegnarsi nello stadio della vivificante esichia, di consacrarsi a Dio, di strapparsi al mondo e di darsi a questa esichia secondo ragione, devono tutti pregare il Signore; e cercheranno la sua misericordia, senza dubbi o esitazioni.

Essi devono avere come opera e meditazione incessante il santissimo e dolcissimo nome di lui, portarlo continuamente nel cuore, nell'intelletto e sulle labbra. In esso e con esso si sforzino di respirare e vivere, dormire e star desti, muoversi, mangiare e bere, e, potremmo dire, fare possibilmente tutto così.

 

 

136

 

Giovedì

 

Dal Commento al Cantico dei cantici di Giovanni di Forda­

Sermo XLIII,9. CC Med XVII,312.

 

Dopo lunga attesa, il Signore visita l'anima mia peccatrice e le dona ben più dì quanto essa aveva sperato. In un sussurro soave, secondo le ricchezze della sua grazia, egli si degna rivelarle segreti ineffabili a proposito della carità del Padre che gli fece amare il mondo fino a dare il suo unico Figlio. E la dolcezza recondita di tale rivelazione è ineffabile.

Perciò, me ne sto lì a sperimentare e percepire da dove ancora questa volta il Signore mio Dio è venuto e ciò ch'egli sussurra al mio povero orecchio; vedo, soppeso ‑ se è lecito a un peccatore parlare così ‑ ch'egli è scivolato fino a me dal seno del Padre. Sì, e mi parla del Padre suo, mi racconta tutto ciò che vi è in quell'abisso divino.

 

Tuttavia, dopo quell'attimo benedetto, egli non consente di dimorare a lungo con me e mi manca la forza per trattenerlo mentre se ne fugge, o richiamarlo quando già è sparito. Consapevole della mia indegnità, mi dichiaro vinto e lascio colui che si affretta verso dove lui sa. Ripiombando nelle mie precedenti amarezze, ritorno al mio stato di prima, ossia alla mia povertà.

 

137

 

Venerdì

 

Dal Commento al Cantico dei cantici di Guglielmo di Saint‑Thierry.

Exposé sur le Cantique des cantiques, 32.33.35. SC 82,114‑120.

 

Quelli che si sono convertiti al Signore e camminano lieti in una vita nuova, sperimentano che il loro cuore e la loro stessa esistenza sono come divisi tra il dolore e la gioia: dolore per l'assenza dello Sposo, gioia per la sua presenza. E l'unica loro attesa è il gaudio senza fine di contemplarlo.

O Sposo delle anime pure, da quanto tempo dici alla sposa: Vado e ritornerò, e non rimani con lei per sempre! O Padre degli orfani, per una provvida disposizione della tua sapienza lasci nel dolore del loro cocente desiderio i tuoi figli esuli in terra straniera, spesso afflitti nel sentirsi come esclusi da te.

Essi si consumano d'amore per il tuo amore, mentre tu li purifichi nel crogiuolo della loro povertà e li attrai a te più fortemente proprio attraverso questi passaggi difficili.

Ma ogni tanto, per la dolcezza della tua grazia, spontaneamente apri la porta ai tuoi piccoli e non respingi quelli che vengono a te; anzi, permetti loro di riposare sul tuo petto.

Dopo aver contemplato le amabili attrattive dello Sposo, l'anima ormai desidera lui solo, che è l'amabilità per eccellenza. Ricca delle primizie dello Spirito, languisce nel desiderio di Dio. "Sono stanca, dice, di queste stanze vuote, dove è assente lo Sposo; sono stanca di queste promesse ripetute ogni giorno, di questi misteri nascosti, di queste immagini oscure e confuse. Desidero il mistero del regno di Dio, bramo la chiara rivelazione del Padre: a faccia a faccia, con gli occhi negli occhi".

 

 

138

 

Sabato

 

Dai Discorsi di Isacco della Stella.

Sermo 21, in Sexagesima IV. PL 194,1759‑1760.

 

Signore, tu hai mostrato ai tuoi servi due verità: ormai noi sappiamo che tu sei e anche ciò che non sei. Ma ardiamo dal desiderio di raggiungere la terza verità: sapere ciò che tu sei. Davvero, fratelli, è lui, il Signore, che noi cerchiamo. Avvinghiamoci a lui, non lasciamo la presa; interroghiamolo su di lui stesso con insistenza, persino con importunità. Egli ardentemente desidera che gli si faccia violenza: vuole essere vinto e soltanto quando sarà vinto ci darà la sua benedizione. Proprio perché vuole essere assolutamente trattenuto, chiede che lo si lasci andare. Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora, dice la Scrittura. Tratteniamo, fratelli, il nostro Dio mediante la conoscenza; tratteniamolo con l'affetto, con vigile consapevolezza; tratteniamolo con la vita, tratteniamolo per lui stesso, dilettandoci in lui, conformandoci a lui.

Allora la nostra molteplicità sarà convogliata nell'unità e saremo uniti all'Unico. Tratteniamo il Signore per essere semplificati dal Semplice, per dimorare, quanto è possibile, immobili con l'Immoto, addormentandoci in lui e riposando nella pace.

Signore, tu stesso mostrati a noi, perché sai quanto oggi desideriamo soltanto te; tu conosci come aneliamo ad amare te per te stesso, noi che, se non materialmente, almeno con l'ardore dello spirito abbiamo rifuggito il mondo intero per essere disponibili a cercare soltanto te!

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

Anno A

 

T E M P O  D I  P A S Q U A

Quinta Settimana

 

VANGELO (Gv 16,5-15)

Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore.

 

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato”.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà.

 

La partenza di Cristo

condizione perché venga lo Spirito Santo.

La nostalgia di Dio (135), così come la sua presenza e la sua assenza allenano l'anima per la carità perfetta (131). “Per crucem ad lucem” è l'itinerario del credente (132), mentre il suo cuore e il suo labbro chiedono senza posa al Padre lo Spirito nel nome di Gesù (133, 134), per giungere alla verità tutta intera del mistero divino.(136)

 

131

Lunedì

Dalla "Lettera" di direzione spirituale" di un autore anonimo inglese dei sec. XIV.

"La nube della non conoscenza”, Ancora, 1981, 379s.

Nostro Signore a volte ti priverà delle consolazioni sensibili per aumentare e insieme mettere alla prova la tua pazienza; ma altre volte, invece, Dio ti concede queste dolcezze sensibili che tu desideri e confondi a torto con la sua ricomparsa, in maniera più eccelsa e con maggiore frequenza e forza. Egli lo fa per nutrire il tuo spirito e per insegnargli a vivere continuamente nell'amore e nell'adorazione.

In questo modo con la pazienza acquistata quando mancano le consolazioni sensibili, che sono i segni della grazia, e con il nutrimento vitale e pieno d'amore che viene all'anima quando le dolcezze ricompaiono, Dio ti lavora: in entrambi i casi ti rende gioiosamente docile e amabilmente sottomesso alla sua volontà, in una perfetta unione spirituale.

Questa unione è la carità perfetta.

Avverrà cosi che tu sarai ugualmente felice e contento di perdere le consolazioni sensibili, se tale è la sua volontà, come di possederle e gustarle in continuazione per tutta la vita. A questo punto il tuo amore è casto e perfetto.

Ora hai una visione simultanea di Dio e del tuo amore e riesci a percepire lui direttamente così com'è in sé stesso, unendoti spiritualmente al suo amore nel punto più eccelso della tua mente; ma tutto ciò avviene nell'oscurità, come si conviene quaggiù, a condizione che tu ti sia spogliato del tuo io fino alla nudità completa e ti sia rivestito. di Dio solo.

 

132

Martedì

Dalle “Lettere di Giovanni e Barsanufio”.

Lett.186, Solesmes, 1971, 151.

Carissimo, non smetto di pregare Dio notte e giorno di colmarti di sé stesso, di abitare nel tuo animo e camminare con te, di mandarti infine il suo Spirito, lo Spirito di verità. Egli venga ad insegnarti tutto, a ricordarti ogni cosa e a guidare i tuoi passi verso la verità completa. Cosi ti renderà coerede dei grandi santi, là dove si trovano quelle cose che occhio non vide, ne orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo. (1 Cor 2,9). Perché tu possa conoscere come inizia la strada che conduce a tale gioia, stammi ad ascoltare; anzitutto viene nell'uomo lo Spirito Santo; allora gli insegna tutto, come debba pensare alle realtà celesti, ciò che tu ora non sei in grado di fare senza il dono divino. Poi, guidato da questa prima fiamma, l'uomo sale progressivamente fino al cielo dove può contemplare cose ineffabili e terribili, di cui nessuno udì parlare tranne quelli che sono giunti a tale perfezione, di cui il Signore giudica degni.

Chi è perfettamente morto al mondo, grazie alla sopportazione di numerose sofferenze, può giungere colà. 0 fratello caro, il Signore ha sopportato la croce e tu non ti rallegri della tribolazione che accettata con pazienza mena al regno dei cieli? Il Signore ha detto che nel mondo avremmo avuto tribolazioni . (Gv 16,33) Sia lui ad aiutarti in tutto.

  133

Mercoledì

Dal "Metodo e canone rigoroso" di Callisto e Ignazio Xanthàpouli.

FG 4°,160-161.

La vita secondo Dio è come una preziosa catena, una corda intessuta d'oro, nella quale una virtù puramente dipende dall'altra e tutte si compongono in unità. Di fatto le virtù, pur essendo molte, realizzano un'opera unica, che è quella di deificare l'uomo che sinceramente vive con esse; lavorano ad arricchirlo, come con nastri e anelli, della salvifica invocazione - nella fede e se si vuole nella speranza e nell'umiltà - del diletto nome del Signore nostro Gesù Cristo, e insieme della pace e dell'amore.

Sì, anche il dono e la venuta dello Spirito Santo nei fedeli sono dati in Cristo e nel suo santo nome. Lo dice egli stesso agli apostoli il Signore Gesù Cristo amante delle anime, lui che è Dio al di là di Dio: E' bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. Quando verrà il Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza. (Gv 16,7; 15,26; 14,26…)

Perciò specialmente quelli che hanno deciso di impegnarsi nello stadio della vivificante esíchia, di consacrarsi a Dio, di strapparsi al mondo e di darsi all'esichia secondo ragione, tutti devono pregare nel Signore; cercare da parte di lui la misericordia, senza dubbi in cuore. Devono avere come opera e meditazione incessante il santissimo e dolcissimo nome di lui, portarlo continuamente nel cuore, nell'intelletto e sulle labbra. In esso e con esso si sforzino di respirare e vivere, dormire e destarsi, muoversi, mangiare e bere, e, potremmo dire, fare possibilmente tutto cosi.

 

134

Giovedì

Dalla "Corrispondenza" di Giovanni e Barsanufio.

Lettera n..196; Solesmes, 1971,pp.160-161.

Fratello carissimo nel Signore; chiedi a Dio che è tutta bontà, di mandarci lo Spirito Santo, il Consolatore. Quando egli viene, ci insegna ogni cosa e ci rivela tutti i misteri. Chiedi di essere guidato da lui. Egli non lascia né errore né agitazione nel cuore. Non lascia né tedio né torpore nella mente. Illumina gli occhi, fortifica il cuore, innalza la mente.

Aderisci a lui, abbi fede in lui, amalo! Egli rende sapienti gli insensati, comunica la sua dolcezza all'intelligenza, procura la forza, insegna e dà gioia, giustizia, pazienza e tanti altri doni. Hai dunque la roccia salda. Non aver paura. Prega invece assiduamente, perché venga a noi tutti la gioia dello Spirito.

Colmàti da questa letizia i Padri aderirono a Dio nella carità perfetta. Essi esclamavano: Chi ci separerà dalla carità di Cristo?(Rm 8,35)  E rispondevano: Nulla. Amiamo perciò per essere amati. Accostiamoci di tutto cuore, per essere ricevuti. Umiliamoci profondamente per essere esaltati. Rattristiamoci, per rallegrare!. Accettiamo di essere in lutto, per venir consolati. Supplichiamo lo Spirito di venire a noi per guidarci alla verità tutta intera. Infatti non mente colui che ha detto: Chiedete e otterrete (Gv 16,24). Il Signore perciò ci accompagni in tutto secondo la sua misericordia, perché ci insegni quello che siamo, ciò di cui abbiamo bisogno e dobbiamo volere. A lui la gloria nei secoli.

  135

Venerdì

 Dal “Commento al Cantico dei Cantici” di Guglielmo di san Teodorico.

Nn. 33-35, circa. PL 180,484-485.

Quelli che si sono convertiti al Signore e lieti camminano in novità di vita, sperimentano che il loro cuore e la loro stessa vita sono come divisi tra questo dolore e questa gioia: il dolore per l'assenza dello Sposo, la gioia della sua presenza; e l'unica loro attesa è l'eterno gaudio della sua visione.

0 Sposo delle anime pure, da quanto tempo dici alla Sposa: Vado e ritorno, e non rimani con lei in eterno! 0 Padre degli orfani, per una provvida disposizione della tua sapienza tu lasci i tuoi figli esuli in terra straniera nel dolore del loro vivo desiderio, spesso afflitti nel sentirsi come esclusi da te; essi si consumano d'amore per il tuo amore, mentre tu li purifichi nel crogiuolo della loro povertà, traendoli più fortemente a te con tali prove.

Ma ogni tanto, per la dolcezza della tua grazia, spontaneamente apri la porta ai tuoi piccoli e non respingi quelli che vengono a te; anzi, permetti loro di riposare sul tuo petto.

Perciò l'anima dopo aver contemplato le amabili attrattive dello Sposo, desidera ormai lui solo, che è l'amabilità per eccellenza; arricchita dal dono dello Spirito, languisce nel desiderio di Dio. Sono stanca, dice, di questi cellieri vuoti nell' assenza dello Sposo, di queste promesse ripetute ogni giorno, di questi misteri nascosti, di specchi ed enigmi. Desidero il Mistero del regno di Dio, bramo la chiara rivelazione del Padre: a faccia a faccia, con gli occhi negli occhi.

 

136

Sabato

Dai “Discorsi” di Isacco della Stella.

Serm.21,53ss.PL194, 179ss.

Signore, tu hai mostrato ai tuoi servi due verità: noi sappiamo ormai che tu sei e anche ciò che tu non sei. Ma ardiamo dal desiderio di raggiungere la terza verità: sapere cioè quello che tu sei. Davvero, fratelli miei, è Lui, il Signore, che noi cerchiamo. Attacchiamoci a lui, non lasciamo la presa, e interroghiamolo su di Lui stesso con insistenza, persino con importunità. Egli soffre perché gli si faccia violenza: vuole essere vinto e soltanto quando sarà vinto darà la sua benedizione. Proprio perché vuole assolutamente essere trattenuto, chiede che lo si lasci andare.

Lasciami andare, perché è l'aurora (Gen 32,27), dice la Sacra Scrittura. Tratteniamo, dunque, fratelli, il nostro Dio mediante la conoscenza; tratteniamolo con l'affetto, con la coscienza ben desta; tratteniamolo con la vita, tratteniamolo per sé stesso, dilettandoci in lui, conformandoci a lui. Allora la nostra molteplicità sarà convogliata nell'unità; noi saremo uniti all'Unico. Tratteniamo il Signore per essere semplificati dal Semplice, per dimorare, in quanto è possibile, immobili con l'Immoto, addormentandoci in lui e riposando nella pace.

Signore, tu stesso mostrati a noi, perché sai quanto oggi desideriamo soltanto te; tu conosci come aneliamo ad amare te per te stesso, noi che materialmente quasi, e del tutto con lo spirito, abbiamo rifuggito il mondo intero per essere disponibili a cercare soltanto te!

 

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