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Letture della preghiera notturna dei certosini

 Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Ventiduesima Settimana

 

 

VANGELO (Lc 14,1-6)

Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?

 

Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. Davanti a lui stava un idropico.

Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: “È lecito o no curare di sabato?”. Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.

Poi disse: “Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?”. E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare, e la gente stava ad osservarlo. Gesù, vedendo come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto.

Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti.

Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.

 

 

Cristo, padrone del sabato

 

 

Come trovare la libertà? In Cristo, perché soltanto lui ci restituisce la libertà (260), appena la nostra vita si fa nascosta con lui in Dio (261).

La libertà umana sarà sempre posta a confronto con la grazia divina (262); nonostante la presenza del peccato l’uomo può sempre lottare e affidarsi alla misericordia del Signore (263); perciò l’ultima parola spetta all’umiltà del monaco (264) che poi costituisce il secondo tema del vangelo della domenica di questa settimana.

 

259

Lunedì

 

Dalle “Omelie sull’Esodo” di Origene.

12,4.S Ch 16,253-255.

 

Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà (2Cor 3,17). Come potremo trovare questa liberta noi che siamo gli schiavi del mondo, gli schiavi delle comodità, succubi come siamo dei desideri naturali? Certamente mi sforzo di correggermi, mi giudico, condanno le mie colpe. I miei ascoltatori esaminino da parte loro quel che pensano del proprio cuore. Eppure, lo dico di sfuggita, finché sono legato da uno di questi vincoli, non mi sono convertito al Signore, non ho raggiunto la vera libertà, dal momento che simili faccende e preoccupazioni del genere sono ancora capaci di coinvolgermi. Sono lo schiavo del cruccio o dell’affare che tiene il mio cuore prigioniero. Come sappiamo, sta scritto che uno è schiavo di ciò che l’ha vinto (2Pt 2,19).

Anche se non sono dominato dalla passione per il denaro, anche se non sono vincolato dalla cura di beni o di ricchezze, tuttavia resto avido di lodi e bramo il successo, quando tengo conto della faccia che mi mostra la gente; mi cruccio di sapere ciò che il tale pensa di me, come mi stima il tal altro oppure temo di spiacere a questo e desidero piacere a quello. Finché ho tutte queste preoccupa zioni, sono loro schiavo.

Eppure vorrei far lo sforzo per liberarmene e per venire alla libertà di cui parla l’apostolo: Siete stati chiamati a libertà. Non fatevi schiavi degli uomini! (Gal 5,13) Ma chi mi procurerà di svincolarmi così, chi mi libererà da questa vergognosa schiavitù se non colui che ha detto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv 8,36). Serviamo e amiamo perciò fedelmente il Signore nostro Dio, per meritare di ricevere in Cristo Gesù il dono della libertà.

 

260

Martedì

 

Dalle “Catechesi” di Simeone il nuovo teologo.

Catech.V. S Ch 96,413-415.

Il Signore Gesù versò l’azione indicibile e vivificante della sua divinità e della sua carne nel veleno mortale del peccato: così ha riscattato interamente tutta la nostra stirpe dall’azione del nemico.

Mediante il santo battesimo e la comunione ai misteri immacolati del Signore, al suo corpo e al suo sangue prezioso, egli ci purifica e ci dà la vita, rendendoci santi e senza colpe. Anzi, ci procura di nuovo l’onore della libertà affinché non sembri che serviamo il nostro Signore per forza più che per moto volontario. Fin dalle origini, Adamo nel paradiso era libero, esente dal peccato e dalla violenza; per suo libero volere obbedì al nemico e, ingannato, trasgredì il comandamento di Dio. Allo stesso modo anche noi, rigenerati dal santo battesimo, siamo liberati e resi padroni di noi stessi; solo una scelta pienamente deliberata può indurci ad obbedire al nemico ché altrimenti questi in nessun modo può avere su di noi qualche influsso.

Se infatti prima della legge e dell’avvento di Cristo, privi di tutti questi soccorsi, un numero incalcolabile di uomini furono graditi a Dio e trovati irreprensibili, - pensiamo a Enoch, portato via e così onorato, o a Elia innalzato in cielo su un carro di fuoco - che scusa invocheremo noi? Dopo la grazia, dopo tanti benefici, dopo la soppressione della morte e del peccato, dopo la rigenerazione battesimale, e la protezione dei santi angeli persino, lo Spirito Santo è sceso a coprirci con la sua ombra; perciò corriamo il rischio di non essere neppure all’altezza di quelli che vissero prima della grazia, perché svogliati scherniamo e trasgrediamo i precetti divini. Sì, qualora perseverassimo nel male, il castigo sarebbe più severo per noi che per coloro che peccarono sotto la legge. Perciò ognuno di noi non accusi Adamo ma sé stesso se cade nel peccato, qualunque esso sia; invece, mostri come il primogrenitore un degno pentimento per poco che egli voglia ottenere la vita eterna nel Signore.

261

Mercoledì

 

Dalle “Istituzioni” attribuite a Giovanni Taulero.

Tralin, T. 8°, pp. 36Oss.

 

Gli amici di Dio dimorano sempre in una specie di “adesso”, cioè nell’istante presente, senza preoccuparsi o essere sconvolti in modo disordinato dal passato o dal futuro. Essi vedono Dio in tutto, nelle cose più piccole come in quelle più grandi.

Non vivono più sotto la legge, in un timore servile. Quel che gli altri fanno per costrizione, quasi piegandosi malvolentieri ai precetti della Chiesa, essi lo compiono per puro amore di Dio, in un abbandono spontaneo con un’umiltà infinitamente più vera e in spirito di obbedienza. Il loro sforzo sta tutto qui: rimanere sempre interiormente liberi e sciolti da tutto, per sottomettersi meglio al volere divino.

Vivono in mezzo agli altri, ma non si lasciano impressionare da alcuna immagine; amano il prossimo, ma senza affettazione o attaccamento disordinato. Sono pieni di compassione per le miserie altrui, ma non se ne inquietano turbandosene oltre misura.

Esteriormente sembrano vivere come tutti quanti, eppure compiono ogni cosa unicamente per la gloria di Dio. Dio infatti cercano in tutto. Non parlano molto e le parole che dicono sono sempre semplici e vere. Eppure tutti questi amici di Dio non hanno un identico modo di vivere; c’è chi segue un cammino e chi un altro, secondo le circostanze e gli eventi.

Quel che rimane uguale in tutto, è il centro essenziale, il fondo interiore. Quando si vive da sé e per sé, emergono esitazioni e dubbi; quando siamo usciti da noi per entrare in Dio, la Verità stessa ci conduce.

 

262

Giovedì

 

Dalle “Conferenze” di san Giovanni Cassiano.

Conf.,XIII,3; S Ch 54,149-151.

Anche in caso di un buon risultato, l’uorno non ardisca orgogliosamente mettersi alla pari con Dio; non rivendichi la parte della sua diligenza rispetto alla grazia divina; non pensi che la sua fatica abbia prodotto o causato il beneficio di Dio, non si pavoneggi come se l’abbondanza dei frutti rispondesse ai meriti del suo zelo. Invece di gloriarsi, rifletta e si esamini lucidamente: si accorgerà che anche i suoi sforzi considerevoli non ci sarebbero stati se la protezione e la misericordia di Dio non lo avessero sostenuto mentre lavorava il campo. Più ancora: vane sarebbero state volontà ed energia fisica se la clemenza divina non gli avesse dato la possibilità di condurre a buon termine un’opera resa disperata ora dalla siccità ora dalle piogge eccessive.

La forza dei buoi, la salute fisica, il successo dei lavori, la prosperità degli affari, tutto è dono di Dio. Bisogna poi pregare perché non succeda che il cielo sia di rame sopra il capo e la terra sia di ferro (Dt 28,23).

Né si limita a questi soli aspetti il bisogno che ha l’agricoltore laborioso dell’aiuto di Dio. L’Altissimo deve anche intervenire per stornare quei casi imprevedibili a  motivo dei quali le speranze dell’agricoltore potrebbero andar deluse e la sua attesa ingannata. Quando il raccolto è già sull’aia o addirittura nel granaio può ancora andare perduto.

La conclusione di questa lunga immagine è che il principio degli atti e dei pensieri buoni è Dio; egli ci ispira l’inizio della buona volontà e ci dà poi la forza e l’opportunità per portare a termine i nostri buoni desideri. A noi spetta seguire umilmente ogni giorno la grazia che ci attira.

 

263

Venerdì

 

Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano.

Hom.26,3,1-3. S Ch 275,297-301.

Nessuno dica: mi è impossibile amare il Bene assoluto, pensare a lui o credere in esso, perché sono sotto la schiavitù e i vincoli del peccato. La capacità di esercitare le opere della vita, di strapparti al male che abita in te, e di liberartene con le tue proprie forze, ciò non è in tuo potere, perché il Signore se lo riserva in esclusiva. Lui solo ha condannato il peccato, lui solo è colui che toglie il peccato del mondo. Proprio lui ha promesso di liberare dalla schiavitù del male coloro che lo amano e credono .

Chi viene liberato dal Redentore, è davvero libero. Ma riflettere, credere, amare Dio o cercarlo, ciò dipende da te; e tu ne sei capace. Così resti il padrone di associarti al male che abita in te e di collaborare a tali frutti di morte. Però ti è proposto di divenire tu stesso occasione di riuscita della tua propria vita, cercando il Signore, pensando a lui, amando e aspettandolo. Lui ti procurera forza e liberazione. Soltanto attende da te l’apertura al suo dono, perché sei libero di orientarti in modo cosciente, di amare e d’invocare l’unico vero medico, senza venir a patti con la malizia; hai infatti le forze per consacrarti al bene. Il resto lo compirà Dio, appena ti vedrà in queste disposizioni: lui ha il potere di guarire il cuore dalla febbre del peccato, fortificandolo, dopo averlo strappato dalla tirannia e dall’influsso delle passioni. Lui solo può far questo, come sta scritto: Il potere  appartiene a Dio; tua, Signore, è la grazia (Sal 61,12).

 

264

Sabato

 

Dalla “Scala del Paradiso” di san Giovanni Climaco.

22° qrado,6-12. Op. cit.p.203.

Il monaco superbo contraddice con violenza; ma l’umile non sa neppure opporsi con uno sguardo.

Il cipresso non si china verso terra per farvi strisciare i suoi rami; tanto meno lo fa il monaco dal cuore orgoglioso, al fine di acquisire l’obbedienza.

L’uomo dal cuore altero ha sete di comandare; in altro modo non può, meglio non vuole, perdere interamente sé stesso.

Dio resiste ai superbi (Gc 4,6). Chi mai allora potrà averne compassione? E’ un abominio per il Signore ogni cuore superbo (Pro 16,5). Allora chi mai potra rendere puro un tal uomo?

Ciò che corregge gli orgogliosi, è la caduta; ciò che li aizza è il demonio; l’effetto dell’abbandono divino causa in loro lo sconvolgimento della mente. Nei primi due casi l’uomo spesso sarà guarito dai suoi fratelli; ma il terzo caso è umanamente incurabile.

Chi rifiuta i rimproveri, manifesta la sua passione; chi li accetta è liberato da tale catena. Se quest’unica passione senza il concorso di altre, poté far cadere dal cielo, possiamo domandarci se non sarà possibile salire al cielo grazie alla sola umiltà, senza la raggiera di altre virtù.

 

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