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Letture della preghiera notturna dei certosini

 Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Ventiduesima Settimana

 

VANGELO (Lc 7,11-17)

Giovinetto, dico a te, alzati!

 

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.

Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”. E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!”. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”.

La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

 

Dio, padrone della vita

 

Fin da ora la risurrezione di Cristo ha misticamente luogo in noi (253), soprattutto tramite l’esichia (254), prelibazione del giorno quundo Dio sarà tutto in tutti (255).  
Eppure non è la nostra industria, ma l’azione dello Spirito di Cristo (256) che ci fa sperimentare la dolcezza della conoscerza divina, ossia la vita eterna (258) per cui ognuno di noi può esclamare: “So che non morrò!” (257).

 

253

Lunedì

 

Dalle “Catechesi” di Simeone il nuovo teologo.

Catech.XIII. S Ch 104,193.195.197.

Dobbiamo considerare con somma cura in che modo i1 mistero della risurrezione di Cristo, nostro Dio, si riproduca di continuo misticamente in noi, purché noi lo vogliamo. Cristo, celandosi in noi come in un sepolcro. si unisce alle nostre anime, e risuscitando fa risuscitare anche noi con lui.

Ancora adesso, quando noi usciamo dal mondo e assimilandoci al Signore nel patire, entriamo nel sepolcro della penitenza e dell’umiltà, lui stesso scende dal cielo per entrare nel nostro corpo quasi come per una sepoltura, e si unisce all’anima nostra. Questa da morta che era viene da lui risuscitata. E colui che così risorge con Cristo è reso capace di vedere la gloria della propria mistica risurrezione. Ora, la risurrezione dell’anima è l’unione con la vita. E come il corpo non può essere considerato vivente se non riceve in sé l’anima vivificatrice, che a lui si unisce senza mescolarsi, così l’anima non potrebbe vivere da sola, se non fosse, in modo ineffabile, unita a Dio, che è la vera ed eterna vita; infatti, prima di questa unione di conoscenza, di visione e di sentimento, essa è morta, pur essendo dotata di intelligenza e di natura immortale. Nelle realtà spirituali se l’intelligenza non perviene alla contemplazione di ciò che oltrepassa la riflessione, non avverte nulla dell’attività mistica.

254

Martedì

 

Daile “Centurie” di Niceta Stethatos.

II Cent., capp. naturali, 20.63.64. FG 3°,429.443.

 

Solamente quanti sono stati fatti degni di ricevere dall’alto, mediante lo Spirito, la vivificante morte del Signore nelle loro membra e nei loro pensieri, essi soli hanno potuto conservare il proprio intelletto non importunato neppure dal semplice ricordo del peccato. Portano in giro la carne morta al peccato, mentre lo spirito l’hanno arricchito di vita, per la giustizia, che è in Cristo Gesù.

In costoro non c’è alcuna preoccupazione delle cose di questa vita né alcuna inquietudine della vita presente; i loro sudori e le loro fatiche secondo Dio li hanno stabiliti nel luogo di riposo. Esichia è infatti uno stato di intelletto indisturbato, calma della libertà e di un’anima esultante, fondamento imperturbato e tranquillo di un cuore in Dio: esichia è contemplazione di luce, conoscenza dei misteri di Dio, parola di sapienza proveniente da una mente pura. Esichia è abisso dei concetti di Dio, rapimento dell’intelletto, colloquio con Dio, occhio insonne. Allora sorge il riposo senza fatica in grandi fatiche e infine la stretta unione con Dio.

255

Mercoledì

 

Dal “Commento al Cantico dei cantici” di san Bernardo.

-Serm. XI, 4-5. PL 185,826.

 

Noi cerchiamo quello che occhio non vide, né orecchio udì, né cuore di uomo poté immaginare. Questo ci piace, questo gustiamo, questo ci è dolce cercare, qualunque cosa sia. Saranno tutti ammaestrati da Dio (Gv 6,45), dice la Scrittura ed egli sarà tutto in tutti. Come sento, la pienezza che aspettiamo da Dio non sarà altro che pienezza di Dio.

Ma chi comprenderà l’immensa dolcezza che è manifestata in queste brevi parole: Dio sarà tutto in tutti? (1Cor 15,28). Senza parlare del corpo, nell’anima scorgo tre cose: la ragione, la volontà, la memoria, e queste tre cose sono la stessa anima. Chiunque cammina secondo lo spirito si accorge quanto, nel secolo presente, manchi a ciascuna di queste tre cose di integrità e perfezione. E questo perché, se non per il motivo che Dio non è ancora tutto in tutti? Da questo proviene che la ragione nei suoi giudizi molto spesso sbaglia, la volontà è sballottata da una quadruplice perturbazione, e la memoria si confonde con molte dimenticanze. A questa triplice vanità è soggetta la nobile creatura, pur non volendo, con una speranza tuttavia. Poiché colui che colma di beni il desiderio dell’anima sarà egli stesso per la ragione pienezza di luce, per la volontà immensa pace, per la memoria un seguito senza fine. O verità, carità, eternità! O beata e beatificante Trinità!

 

256

Giovedì

 

Dalla “Vita in Cristo” di Nicola Cabàsilas.

Lib IV,,cap.6. PG 150,617.

 

Quando Cristo ci conduce al Padre e ci trasferisce dalla terra, non permette che abbiamo nulla di terreno; lui stesso si adatta in tutto ai nostri bisogni e non lascia inoperosa alcuna delle sue potenze per prepararci a un tal fine.

Se chiamiamo malattia e guarigione quel che ci avviene, non solo Cristo va dal malato, si degna di guardarlo e di toccarlo, facendo per lui personalmente quanto è necessario alla cura; diviene egli stesso farmaco e dieta e quant’altro può contribuire alla salute.

Se poi si parla di nuova creazione, è lui con il suo essere e le sue proprie carni a rinnovare ciò che manca, e quel che sostituisce al nostro essere corrotto è lui stesso. Non ci ricrea della stessa materia con la quale ci ha creati; infatti fece il primo uomo prendendo il fango della terra; ma per la seconda creazione dà il proprio corpo e per rianimare la vita non si limita a fare l’anima più bella lasciandola però alla sua natura. Versa invece il suo sangue nel cuore degli iniziati, facendo sorgere in essi la sua vita. Se all’inizio del mondo, come dice la Scrittura, ispirò un alito di vita (Gen 2,7), ora ci comunica il suo Spirito: Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: Abba, Padre (Gal 4,6).

 

257

Venerdì

 

Dagli “Inni” di Simeone il nuovo teologo.

Inno 13. Citato in P.M.DELFIEUX, Evangeìiques, Fayard, 1988,T.I.. p.219s.

 

Sono seduto sul mio giaciglio, pur essendo fuori del, mondo; e al centro della cella colui che è fuori del mondo, ecco vedo presente qui; lo vedo e gli parlo e - oso dunque dirlo - lo amo e lui dal canto suo mi ama. Mi cibo, mi nutro di questa sola contemplazione, e, divenuto una sol cosa con lui, varco i cieli.

 So bene che ciò è vero e certo; eppure dove allora si trovi il mio corpo, lo ignoro. So che è sceso colui che dimora immobile, so che mi appare colui che resta invisibile; lo so: colui che è separato da tutta la creazione mi prende dentro di sé e mi nasconde nel suo seno, sicché io mi ritrovo fuori dell’universo. Ma, a mia volta, io mortale, piccolissimo nel mondo, contemplo in me stesso, tutto intero, il Creatore del mondo; e so che non morrò, poiché sono all’interno della vita e ho la vita tutta intera che zampilla dentro di me.

Egli è dentro il mio cuore, eppure dimora in cielo.

Qui e là, in ogni caso, sempre si mostra a me abbagliante. Ma in che modo tutto ciò capiti, come potrò comprenderlo esattamente? E come potrei esprimere quanto comprendo e vedo?

Sono realtà indicibili, davvero assolutamente ineffabili, che l’occhio non ha mai visto, l’orecchio mai udito e nessun cuore umano ha mai potuto comprendere.

 

258

Sabato

 

Dai “Discorsi ascetici” di Isacco di Ninive.

Disc. 38. Op.cit.,p.228.

 

La gioia che è in Dio è più forte della vita presente. Chi l’ha trovata non soltanto non si lascia più coinvolgere dalle passioni, ma smette di adocchiare languido questa esistenza mortale; e si slaccia da ogni altra sensazione, tanto autentica è questa gioia. L’amore è più soave della vita. Più dolce ancora, più dolce del miele e della cera è la consapevolezza di Dio, da cui nasce l’amore.

L’amore non si rattrista minimamente di ricevere la morte più orrenda per coloro che ama. L’amore è figlio della conoscenza. E la conoscenza ha origine dalla salute dell’anima. La salute dell’anima è una potenza che scaturisce da una pazienza lunga e sottile.

Che cos’è la conoscenza?

La sensazione della vita immortale.

E cos’è la vita immortale?

E’ avvertire ogni realtà in Dio.

Infatti l’amore proviene dalla consapevolezza. E la conoscenza divina regna sopra tutti i desideri. Il cuore che riceve una tale conoscenza, porta in sé qualcosa superiore a tutta la dolcezza che v’è in terra. Nulla assomiglierà mai alla dolcezza della co noscenza divina.

Signore, colmami il cuore di vita eterna.

La vita eterna è il conforto che viene da Dio. Colui che ha trovato in Dio la consolazione, considera superflua la consolazione del mondo.

 

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