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Letture della preghiera notturna dei certosini

 Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Ventunesima Settimana

 

 

VANGELO (Mt 6,24-34)

Non affannatevi per il domani.

 

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro; non potete servire a Dio e a mammóna.

Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito?

Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito?

Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.

Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.

Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

 

Divina Provvidenza

 

L’economia divina sollecita in risposta il nostro amore (247). Dobbiamo credere alla Provvidenza divina e non preoccuparci per nulla (248), cercando unicamente la giustizia del regno (249, 250), Se Dio è lento ad esaudirci, non ci crucciamo (251); se egli ci invia ora qualche prova, ora qualche consolazione, ciò dipende dalla sua paterna previdenza che lavora per renderci simili a lui (252).

 

247

Lunedì

 

Dai “Trattati etici e teologici” di Simeone il nuovo teologo.

Etica II, cap.1. S Ch 122,323-325.

 

Attieniti alla convinzione che Dio ha mandato sulla terra il suo unico Figlio solamente per te e per la tua salvezza, conoscendoti prima di tutto e destinandoti a divenire erede e coerede di Cristo. Perché non ti affretti ad amarlo con tutta l’anima e con tutto il cuore, osservando i suoi comandamenti?

Credi con forza che il Verbo incarnato, dopo essersi immolato per te, non ti abbandonerà e non ti lascerà perire. Non lo intendi affermare: Anche se una donna si dimenticasse del figlio del suo seno, io non ti dimenticherò mai? (cf Is 49,15). Ma se ti giudichi indegno, se ti  escludi volontariamente da te fuori del gregge di Cristo, prendine atto: nessun altro, ma proprio tu sarai motivo della tua perdizione.

Perciò, rigettiamo lungi dalla nostra anima ogni diffidenza, ogni svogliatezza; presentiamoci con cuore sincero, con fede certa e con zelo ardente, come nuovi servi acquistati dal sangue prezioso di Cristo. Amiamo il Maestro che l’ha versato per noi, accogliamo l’amore che ci porta e comprenderemo che se non avesse voluto salvarci a sue spese, non sarebbe disceso in terra, non si sarebbe immolato per noi. Invece, come sta scritto, ha fatto tutto questo per salvare l’umanità intera. Ascoltalo dire: Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo (Gv 12,47).

248

Martedì

 

Dai “Detti” dei padri del deserto.

Nau 260.262.274.236. Mortari,1972,pp.131.132.218. Baldini per il n.274.

 

Un tale offrì a un anziano del denaro, dicendo: Prendilo per le tue spese, perché sei vecchio e infermo. Era infatti lebbroso. Ma egli rispose: Dopo sessant’anni tu vieni a portarmi via la mia dispensa di cibo? Da tanto tempo giaccio nella mia infermità. E non ho avuto bisogno di nulla, perché Dio mi dona il necessario e mi nutre. E non volle accettare.

Un fratello domandò ad un anziano: Vuoi che tenga due monete, a causa della mia infermità? L’anziano rispose: Non è bene tenere più del necessario per il corpo. Se tu tieni le due monete, in esse si trova la tua speranza, e, se ti accade di perderle, Dio non si occuperò più di te. Gettiamo su di lui la nostra sollecitudine, perché egli ha cura di noi.

Disse un anziano: Pratica il silenzio, non crucciarti di nulla, sta’ intento alla tua meditazione; dormi e alzati nel timore di Dio; così facendo non temerai gli attacchi degli empi.

Disse ancora: Se un monaco vede un luogo che gli offre la possibilità di progresso, ma dovrebbe provvedere con fatica alle necessità del corpo, se non ci va per questo motivo,costui non crede che c’è Dio.

249

Mercoledì

 

Dai “Discorsi” di Isacco della Stella.

Disc. III,6-10. S Ch 130,119-121.

Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33), dice il Maestro. Ecco che cosa devi cercare, o uomo; ecco che cosa cerca da te il tuo Dio, perché tu lo cerchi in Lui. I pagani sono impegnati nella ricerca del mangiare, del bere, del divertirsi. Il Padre tuo celeste lo sa che hai bisogno di tutte queste cose; getta in lui ogni tua inquietudine e tieni per te la fatica. Egli avrà cura di te, se tu hai cura di cercare la giustizia. Stimala e cercala sopra di tutto e per essa tutto sforzati di acquistare. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizio (Mt 5,6). Quando ci sarà piena sazietà, allora ci sarà felicità piena. Allora sarò saziato sino in fondo da questa pienezza di giustizia di cui ora godo solo qualche briciola. Ora è una medicina, allora sarà un diletto. Ora è una disciplina austera che sembra comportare difficoltà e dolore. Allora sarà la gloria, quando quelli che si saranno esercitati in essa ne gusteranno i frutti in una pace sovrana. Quaggiù si vede apparire il fiore della giustizia e di tutte le virtù, là se ne raccolgono i frutti in pienezza. Così devono essere diretti fin dagli inizi attraverso il progresso diretto alla perfezione, coloro che cercano la beatitudine della virtù. Il principio della giustizia è non commettere ingiustizia verso nessuno; il progresso di sopportare con pazienza l’ingiustizia subita; la perfezione consiste nel fare il bene a tutti se si può e, se non si può, di volerlo.

250

Giovedì

 

Dalla “Vita in Cristo” di Nicola Cabasilas.

Lib.7°,3. PG 150.696,697

 

E’ tanto importante che i viventi in Cristo abbiano l’anima libera da sollecitudini. Se si insinua nella volontà qualcosa utile in apparenza, chi vive in Cristo non vi volge il pensiero, come Pietro che, non appena ebbe inteso il Signore che lo chiamava, non si curò più di ciò che aveva tra le mani. - Infatti, anche i viventi in Cristo sono chiamati, con una chiamata continua e incessante, per mezzo della grazia impressa nell’anima dai misteri.

Questa grazia, come dice Paolo, è lo Spirito del Figlio di Dio che grida nei loro cuori: Abba, Padre (cf Gal 4,6).

Così sempre essi passano sopra a tutte le cose per potere sempre seguire Cristo; perché, come dice la Scrittura, non è giusto trascurare la parola di Dio per il servizio delle mense (At 6,2). In primo luogo essi non antepongono nulla a Dio e poi aspettano di ricevere da lui, dispensatore di ogni bene, tutte le altre cose, secondo quella promessa del Dio verace, per cui, chi cerca per primo il regno di Dio, avrà tutto il resto per giunta (cf Mt 6,33). Perciò il Salvatore, liberando da ogni cura coloro che aderiscono a lui, fa un gran conto di questa legge, affinché non siano privati dei beni più grandi e perché si affaticherebbero invano, preoccupandosi di cose di cui lui stesso ha cura prima di loro.

 

251

Venerdì

 

Dai “Discorsi” di Isacco di Ninive.

Disc.44. Op.cit.,pp.252-253.

 

Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6,33). Se tu hai chiesto a Dio qualcosa ed egli ha indugiato ad esaudirti, non affliggertene. Non sei più bravo di Dio. Ciò ti capita perché sei indegno di ottenere quanto brami oppure perché le vie del tuo cuore non vanno nel senso della tua preghiera ma in quello opposto; forse può anche essere che tu non sia ancora pervenuto al punto in cui puoi ricevere la grazia che chiedi.

Non dobbiamo desiderare prima del tempo quello che ci supera, per non rendere inutile la grazia di Dio ricevendola troppo presto. Infatti tutto quel che è ricevuto nella facilità può venir perso altrettanto rapidamente. Ma qualsiasi favore è custodito con cura quando è trovato mediante la pena del cuore.

Abbi sete di Cristo, perché egli ti inebri del suo amore. Chiudi ben gli occhi davanti alle delizie di questa vita, perché Dio stabilisca la sua pace come regina nel tuo cuore. Astieniti dalle cose che ti scintillano davanti agli occhi, per essere degno della gioia spirituale.

 

252

Sabato

 

Dai “Capitoli pratici” di Niceta Stéthatos.

I,55. II,14. FG 3°,409.427.

 

Tutto ciò che ci accade a nostro disonore, sia da parte degli uomini, sia da parte dei demoni, accade per  giusto giudizio di Dio; viene disposto dalla sua provvidenza, a umiliazione del vano gonfiore delle nostre anime. Poiché è scopo di Dio, che governa la nostra vita, che noi siamo sempre umili e non ci valutiamo più di quanto è conveniente, ma ci valutiamo in maniera da avere di noi un giusto concetto (cf Rm 12,3), e non presumiamo di noi, ma guardiamo a lui; Dio desidera infatti che imitiamo per quanto è possibile la sua umiltà beata, poiché egli era mite e umile di cuore (Mt 11,29). Tali desidera che siamo noi colui che per noi ha sopportato una morte iniqua e ignominiosa, giacché null’altro in ogni vera virtù gli è così caro e intimo; nulla come la mitezza, l’umiltà e l’amore del prossimo sono capaci di sollevare dallo sterco delle passioni. Se non abbiamo in noi queste cose quando operiamo le virtù, ogni operosità è vana e ogni fatica ascetica inutile e non accetta.

E proprio perché Dio vuole che l’operosità degli zelanti sia ben provata, egli invia il fuoco delle tentazioni e contrae un poco la grazia data loro dall’alto e permette che a tempo opportuno la calma dei pensieri sia sconvolta dagli spiriti maligni; vuol vedere dove pieghi l’inclinazone dei cuore: verso di lui, suo creatore e benefattore, o verso la sensibilità mondana e la dolcezza dei piaceri? Così o raddoppia la sua grazia, se progrediscono nel suo amore, o li flagella con le prove e le tribolazioni, se si volgono alle cose; ciò dura finché essi non prendano in odio l’instabile errare delle realtà visibili e cancellino con le lacrime l’amarezza dei piaceri che ne vengono.

 

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