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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

T E M P O  D I  P A S Q U A

 Seconda settimana

 

La fede di chi non vede

 

La fede che immerge lo sguardo nel buio (119. 116) arriverà alla visione e alla salvezza (115). Anzi, fin d'ora coloro che credono sono come appagati (117. 119), perché Cristo risuscitato e la roccia su cui riposa la loro vita (118).

Nutrito dalla carne e dal sangue di Gesù, il credente entra in comunione indicibile con il Signore risorto (120).

 

 

 

115

 

Lunedì

 

Dai Trattati di sant'Agostino sul vangelo di Giovanni

In Jo.Tr.40,9. PL 35,1690.

 

Gesù promette ai Giudei che credevano in lui: Conosce­rete la verità. Ma come? Non l'avevano conosciuta quando il Signore parlava? E come avevano potuto credere se non l'avevano conosciuta? In realtà essi non credettero perché conobbero la verità, ma per conoscerla. Crediamo per poter conoscere e non al contrario. Le cose infatti che conoscere­mo occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono  in cuore di uomo.

Cos’altro e la fede, se non credere ciò che non vedi? È questo la fede: credere in ciò che non si vede. La verità, invece, e vedere ciò che si e creduto, come sempre il Signo­re afferma in un altro punto.

Il Figlio di Dio è venuto sulla terra per seminare la fede. Era uomo, si fece umile; tutti potevano vederlo; non tutti lo conobbero; molti lo respinsero, la turba lo uccise, pochi lo rimpiansero e tuttavia, questi pochi che lo compian­sero, non lo conoscevano per quello che era.

Tutto questo è un abbozzo della fede, come una base per il futuro. Ciò che il Signore desidera, lo dice in un altro passo del vangelo: Chi accoglie i miei comandamenti e li os­serva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui. Coloro che stava­no ascoltando Gesù, lo vedevano già; eppure egli prometteva di manifestarsi a chi lo avesse amato. Così qui il Signore afferma: Conoscerete la verità. Che significa? Non è forse verità quanto hai detto, Signore? È verità, ma,verità che si crede, che ancora non si vede. Se si rimane in ciò che si cre­de, si arriva a ciò che è l'oggetto della visione.

 

 

116

 

Martedí

 

Dalle Catechesi di san Cirillo di Gerusalemme.

Catechesis V,10‑11. PG 33,517.

 

La fede è una sola, ma riveste un duplice senso.

Vi è la fede che riguarda i dogmi ed è la conoscenza e l'assenso dell'intelletto alle verità rivelate. Questa fede è necessaria alla salvezza, secondo quel che dice il Signore: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ed anche: Chi crede nel Figlio non è« condannato,, ma è passato dalla morte alla vita.

Nel secondo senso, la fede elargita come dono dallo Spirito non riguarda soltanto i dogmi, ma e causa di prodigi che superano tutte le forze dell'uomo. Chi ha tale fede,

potrà dire a questo monte: Spostati di qui a là, ed esso si sposterà. Se veramente uno, senza dubitare dentro di sé, pro­nunzia queste parole mosso dalla fede, credendo che così av­verrà, allora riceve la grazia del miracolo.

Proprio di questa fede è detto: Se avrete fede pari a un granellino di senapa. Il grano di senapa è piccolissimo in sé, ma è dotato di straordinaria efficacia. Seminato in una piccola porzione di terreno, stende tutt'intorno lunghi rami e, quand'e cresciuto, può fare ombra agli uccelli del  cielo. Così la fede in brevissimo tempo opera nell'anima effetti prodigiosi.

La fede è una rappresentazione interiore che ha per oggetto Dio. È un'intima comprensione, che la mente, illuminata da Dio, riesce ad avere dell'essenza di lui nella misura consentita. La fede percorre la terra da un'estremità all'altra e, prima ancora della fine del secolo presente, ne vede già in atto il giudizio e pregusta fin d'ora il premio promesso.

Abbi dunque quella fede che dipende da te e si indirizza a Dio, perché, egli ti possa donare anche quella che opera oltre le forze umane.

 

117

 

Mercoledì

 

Dai Discorsi di Guerrico d’Igny.

De Resurrectione Domini, sermo 1,5. SC 202,224‑226.

 

Se crederai con il tuo cuore che Dio ha risuscitato Gesù dai morti, sarai salvo.               

Gesù, il mio Dio, è in vita! A questa notizia il mio spirito, che sì era assopito per la tristezza, languiva nell'inerzia ed era depresso per eccessivo scoraggiamento, si è rianimato. Perché la lieta voce che porta questo felice messaggio sveglia dalla morte anche i colpevoli. Se fosse diversamente, non rimarrebbe che disperare e seppellire nell'oblio colui che Gesù avrebbe lasciato nell'abisso, quando risalì dagli inferi.

Da questo riconoscerai con certezza che il tuo spirito rivive pienamente in Cristo: è lui che dice in fondo al cuore: "A me basta che Gesù sia vivo". Grido di fede degno degli amici di Gesù! Affetto purissimo che si esprime così: "Se Gesù è vivo, mi basta. Se egli vive, io vivo, perché da lui dipende la mia vita; anzi, egli stesso è la mia vita e il mio tutto. Che cosa può mancarmi se Gesù è vivente?". E ancor più: "Anche se mi manca tutto il resto, poco m'importa, basta che Gesù viva. Sia pure lontano da me, se così gli piace, mi basta che egli viva, anche se vivesse solo per sé".

Quando l'amore di Cristo attira tutto l'affetto dell'uo­mo, al punto che questi, rinnegando e dimenticando se stesso, non è più sensibile che a Gesù Cristo e a ciò che lo riguarda, allora, secondo me, in lui la carità e perfetta.

Per chi ha tali disposizioni, la povertà non è più un peso. È insensibile alle ingiurie, se la ride delle angherie, non teme alcun pericolo, la morte gli sembra un guadagno; o piuttosto pensa di non morire mai, perché sa che passerà dalla morte alla vita.

 

                                                                                                                           

 

118

 

Giovedì

 

Da “La vita di Mosè" di san Gregorio di Nissa.

Theoria II, 243‑244.246‑248. SC 1,274‑276.

 

Chi è incerto e vacillante nelle sue convinzioni, indeciso nel bene, sballottato dalle onde e portato di qua e di la, co­me dice l'Apostolo, costui non giungerà mai alla vetta della virtù. Egli si lascia dominare dal dubbio, passa da un'opinione all'altra riguardo a questa o a quella cosa.

Allo stesso modo quelli che salgono per un pendio sab­bioso, anche se procedono a grandi passi, faticano senza risultato, perché il piede scivola sempre giù per la sabbia: essi si muovono, ma il movimento non li fa progredire. Se invece uno e uscito dalla fossa della morte, come dice il salmo, e ha stabilito i suoi passi sulla roccia (la roccia è Cristo, virtù perfetta), quanto più diventa saldo e immobile nel possesso del bene, secondo il consiglio di Paolo, tanto più velocemente compie la corsa. Questa stabilita nel bene procura al suo cuore delle ali per poter salire in alto.

Chi avrà conservato la fede per aver collocato i piedi sulla roccia, sarà premiato dalla mano di chi presiede la corsa con la corona di giustizia.

La Scrittura designa in modi diversi questa ricompensa: infatti ciò che qui è definito cavità della roccia, altrove è giardino di delizie, tenda eterna, dimora presso il Padre, seno d'Abramo, terra dei viventi, acqua che dà ristoro, Gerusalemme celeste, regno dei cieli, premio degli eletti, corona di grazia, corona di delizie, corona di bellezza, torre possente, luogo glorioso, tenda segreta.

Poiché secondo san Paolo Cristo, è la roccia e noi credia­mo che ogni speranza di bene si trovi nel Cristo. Gesù, dove sappiamo essere tutti i tesori di bontà, chi e venuto in possesso di qualche bene, costui è certamente in Cristo.

 

119

 

Venerdì

 

Dai Discorsi di Guerrico d’Igny.

In festo S.Benedicti, sermo IV, 3. SC 202,98.100.

 

Per non prediligere le realtà di quaggiù,occorre che i nostri occhi siano fissi su quelle eterne. Soltanto

la fede, però, può agire in questo modo. I suoi occhi sono così vivi e perspicaci che possono scrutare l'avvenire con uno sguardo di aquila. D'altro canto, la fede discerne con occhio penetrante tutto quello che è nascosto nelle realta presenti.

Illuminata dallo Spirito eterno, la fede non subisce danno né dalla durata del tempo, né dall'opacità dei corpi, dato che essa discerne oltre tutti questi diaframmi ciò che e spirito.

Duplice è la potenza della fede quando contempla non quello che si vede, ma ciò che non si manifesta, poiché due motivi ci impediscono di vedere l'invisibile.

Non possiamo scorgere date realtà perché o sono assen­ti oppure, sebbene presenti, sono spirituali. Capita questo con i beni che ci sono promessi: essi non sono a nostra porta­ta; mentre Dio che promette o minaccia è presente, ma nascosto, in quanto è spirito.

La fede che è fondamento delle cose che si sperano, coglie in anticipo i beni futuri come se fossero presenti; in certo modo li fa dimorare nel cuore del credente.

In senso analogo, siccome la fede è prova delle realtà che non si vedono,  sa dimostrare a se stessa, provare e convincer­si che Dio è presente anche se sfugge alla sua vista.

Per l'Apostolo che diceva: Dio ci ha risuscitati e ci ha , fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, veramente la fede era il modo per possedere fin d'ora quanto si spera. E il salmista, nel cantare: Io pongo sempre innanzi a me il Signore, ricava­va dalla fede questa convinzione profonda: il Dio che non appare è peraltro presente.

 

 

120

 

Sabato

 

Dai Trattati etici di Simeone il nuovo Teologo.

Ethique I. SC 122,232‑236.240‑242.

 

Cristo, consegnandosi a noi perché entrassimo in comu­nione con lui, ci offre quella carne e quelle ossa che mostrò agli apostoli dopo la risurrezione dicendo: Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho.

Proprio questo egli ci offre ora da mangiare e, grazie a questa comunione, ci rende uno con lui. Davvero, facendo eco a san Paolo, questo mistero è grande;  e lo sarà sempre perché la comunione, l'intimità e l'unione che attua la donna con l'uomo e l'uomo con la donna sono qui attuati in modo degno di Dio; essi trascendono pensiero e parola, perché autore ne è il Signore e Creatore dell'universo e della Chiesa tutta.

Dio si unisce alla Chiesa come alla sua unica sposa, in modo immacolato e superineffabile. Egli dimora insepara­bile, indistaccabile da lei, vivendole insieme e avvolgendola di amore e di tenerezza.

Dal canto suo, la Chiesa non può vivere la vita vera e incorruttibile se non è nutrita dal suo Signore ogni giorno con il pane supersostanziale. Grazie a questo pane la vita e la crescita fino allo stato di uomo perfetto nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo,  sono garantiti  tutti quelli che amano Dio.

Bisogna dunque che tutti i predestinati siano generati  formati, perché, sia raggiunta la pienezza della Chiesa dei primogeniti al di là del nostro mondo. Allora la pienezza della Gerusalemme celeste, che è la pienezza del Corpo di Cristo, raggiungerà il definitivo compimento nella persona di coloro che Dio ha predestinati ad essere conformi all'im­magine del Figlio suo.

 

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

T E M P O  D I  P A S Q U A

 Seconda settimana

 

VANGELO (Gv 20,19-31)

Otto giorni dopo, venne Gesù.

 

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”.

Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

L a fede di quelli che non vedono

 

La fede che immerge lo sguardo in quello che non si vede è la nostra guida per tenere duro nel buio.

Ma per la potenza dello Spirito, il quale allorché ci visita, ci dona la visione della gloria del Risorto, riusciamo a dire nel nostro cuore: “Se Gesù è in vita, tanto mi basta”.

Infatti Cristo che esce dal sepolcro spacca la roccia del nostro egocentrismo.

 

Lunedì

 

 Dai "Capitoli ai monaci" di Giovanni Carpazio.

Chi per un certo tempo è stato illuminato e sollevato dalla grazia divina e al sottrarsi di questa si lascia prendere da agitazioni, mormora e non si fa forza mediante la supplica per ritornare a quella piena certezza salvifica, ma anzi si scoraggia, è simile a un povero che ha ricevuto l'elemosina dal palazzo regale e se la prende perché non è entrato dentro a pranzare col re.

Beati quelli che non mi hanno veduto, e hanno creduto, come pure beati quelli che, al sottrarsi della grazia, non trovando conforto in sé stessi, ma vedendo piuttosto il prolungarsi delle afflizioni e una tenebra profonda, pure non si disperano, si corroborano anzi con la fede, convinti di vedere l'Invisibile, e perseverano generosamente.

Supponi che il Signore ti dica: In quella certa occasione ti ho tolto questo e questo carisma, perché con quelli credevi di dar sicurezza al tuo intelletto e di prenderti un po' di riposo. In cambio di quelli ti ho però dato questo e quest'altro carisma di egual valore. Ma tu, pensando a quelli che ti sono stati tolti e non scorgendo quelli che ti sono stati dati al loro posto, gemi, soffri e sei ferito dalla tristezza, ma rallegri me, mentre da me vieni rattristato. Io infatti rattristo per procurare un vantaggio, affaticandomi per salvare, non per perdere chi mi è stato computato come figlio.

 

Martedì

 

Dal «Discorso ascetico" di Diàdoco di Fòtica.

Nessuno che sente parlare di senso dell'intelletto, speri che gli appaia visibilmente la gloria di Dio. Infatti, diciamo che l'anima percepisce, certo quando sia pura, la consolazione divina con gusto indicibile; ma non le appare alcuna delle cose invisibili, poiché come dice il beato Paolo, ora camminiamo nella fede e non ancora in visione.

Se dunque a qualcuno dei lottatori appaia o una luce o una figura di fuoco o una voce, non accolga affatto tale visione. E' una manifesta illusione del nemico; cosa che molti, avendola subita, sono stati fuorviati per ignoranza dalla via della verità. Sappiamo che finché abitiamo in questo corpo corruttibile, siamo esuli da Dio, e non possiamo vedere visibilmente né lui né qualunque altra delle sue meraviglie celesti. Non bisogna dubitare che l'intelletto quando incomincia a essere di frequente oggetto dell'operazione della luce divina, diventa tutto trasparente così da vedere la sua propria luce. Ciò infatti avviene completamente quando la potenza dell'anima domina le passioni. Ma che tutto ciò che gli appare in modo figurato, sia come luce sia come fuoco, viene dall'arte  maliziosa del nemico, il divino Paolo ce lo insegna chiaramente, dicendo che quello si traveste da ‘angelo di luce’. Dunque, proprio non bisogna coltivare una vita ascetica su questa speranza. Quel che occorre unicamente è di giungere ad amare Dio con un totale senso di piena certezza del cuore.

 

Mercoledì

 

Dai "Discorsi" di Guerrico d'Igny.

Se crederai con tutto il tuo cuore che Dio ha risuscitato Gesù dai morti, sarai salvo. Gesù, mio Dio, è in vita! Ecco che a questa notizia il mio spirito, già assopito di tristezza, languente di tiepidità, oppure pronto ormai a soccombere allo scoraggiamento, si rianima. In effetti, il suono di questo beato annuncio arriva persino a strappare dalla morte i criminali. Se fosse diversamente, non resterebbe altro che disperare e seppellire nell'oblio colui che Gesù, uscendo dagli inferi , avrebbe lasciato nell'abisso. Sarai nel tuo diritto di riconoscere che il tuo spirito ha pienamente riscoperto la vita in Cristo, se puoi dire con intima convinzione: Se Gesù è in vita, tanto mi basta! Esprimendo un attaccamento profondo, una tale parola è degna degli amici di Gesù! E quanto è puro, l'affetto che così si esprime: Se Gesù è in vita, tanto mi basta! Se egli vive, io vivo, poiché la mia anima è sospesa a lui; molto di più, egli è la mia vita, e tutto ciò di cui ho bisogno. Cosa può mancarmi, se Gesù è in vita? Quand'anche mi man­casse tutto, ciò non avrebbe alcuna importanza per me, purché Gesù sia vivo. Se poi gli piace che venga meno io stesso, mi basta ch'egli viva, anche se non è che per sé stesso. Quando l'amore di Cristo assorbe in un modo così totale il cuore del l'uomo, in guisa che egli dimentica sé stesso e si trascura, proteso solo per Cristo e quello che Cri­sto concerne, solo allora la carità è perfetta in lui. Indubbiamente, per colui il cui cuore è stato così toccato, la povertà non è più un peso; egli non sente più le ingiurie; si ride degli obbrobri; non tiene più conto di chi gli fa torto e reputa la morte un guadagno. Non pensa neppure di morire, poiché ha coscienza piuttosto di passare dalla morte alla vita.

 

Giovedì

 

Dalle "Omelie" attribuite a san Macario.

Il Signore aveva detto che avrebbero gridato persino le pietre qualora si fossero zittiti i discepoli osannanti . Egli aveva voluto predire ciò non solo degli Apostoli, ma di tutte le anime liberate dalla pesantissima pietra del peccato che le opprime: una volta levato questo macigno, esse gridano e lodano il Signore. Infatti quando Cristo è risorto, le pietre e le rocce si spaccarono; i sepolcri si spalancarono. Nello stesso modo, quando     il Signore Gesù fa risplendere e apparire nell'anima il suo volto, pieno di bontà, la pesante pietra del    peccato si spacca per lasciare libero passaggio al Maestro, perché egli vi entri e vi abiti. Allorché le anime, simili a duri macigni, hanno visto il volto tanto desiderato di Cristo, allora esse gridano. Ecco un monte che non racchiude abitazioni, ma è un semplice blocco di pietra. Ora un artigiano, sperimentato scultore di pietra, arriva e costruisce splendide dimore in questo monte. Cristo fa lo    stesso, lui che è l’autentico artefice. Viene verso i cuori che lo amano, incide e asporta lo spirito del peccato, prepara palazzi e fa lì la sua dimora. Le anime simili a questa pietra intagliata allora gridano ed esultano perché il Signore manifesta il suo volto.

 

Venerdì

 

Dai "Discorsi" di Guerrìco d'Igny.

Per rimanere al di sopra delle realtà di quaggiù occorre che i nostri occhi siano sospesi su quelle dell'eternità. Soltanto la fede però può agire di tal sorta. I suoi occhi sono così vivi e perspicaci che possono scrutare l'avvenire con uno sguardo da aquila; d'altro canto, la fede penetra con occhi chiaroveggenti tutto quello che nelle realtà attuali resta ancora nascosto. Illuminata dallo Spirito eterno, la fede non può subire danno né dai ritardi del tempo né dall'opacità dei corpi, dato che discerne quanto è spirito. Doppia è la potenza della fede quando contempla non quello che vede, ma ciò che non appare, dato che duplice è la ragione che ci vieta di vedere l'invisibile. Non possiamo scorgere date realtà che non ci stanno davanti, oppure perché, pur presenti, sono spirituali. Capita questo con i beni che ci sono promessi: essi non sono a nostra portata, mentre Dio che promette o minaccia è presente, ma celato, poiché è spirito. La fede che è un modo per possedere quanto si spera, afferra in anticipo i beni futuri, come se fossero presenti; in un certo senso fa che dimorino nel cuore di colui che crede. In modo analogo, siccome la fede è un mezzo per conoscere le realtà che non si vedono, sa dimostrare a sé stessa, provare, e convincersi che Dio è presente anche se sfugge alla sua vista. Per l'Apostolo che diceva: Dio ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, la fede era davvero il modo per possedere fin d'ora quanto si spera.

 

Sabato

 

Dalle "Omelie" attribuite a san Macario.

Per la potenza di Dio, la pietra fu ribaltata e allontanata dal sepolcro. Maria poté allora vedere il Signore. Analogamente, per la potenza e la visita dello Spirito, la pietra che ricopre l'anima, il velo del peccato voglio dire, è rotolata via e messa lontano. L'anima è giudicata degna di vedere il volto di Cristo e riposarsi nel suo Spirito. Il Signore si mostra a lei nel suo duplice aspetto: con le piaghe e nella gloria della sua luce. L'anima contempla le sofferenze che egli subì per lei; ma contempla pure la lucentezza incomparabile della gloria divina. E si trasforma in quell'immagine, di gloria in gloria, sotto l'azione dello Spirito del Signore. Afferrata com'è da Dio, dimentica in certo modo la propria natura; si sente così compenetrata all'Uomo celeste e allo Spirito Santo, che diventa anch'essa spirito. Pensiamo ad un mendico: povero quanto mai, va di uscio in uscio per ottenere un po' di cibo. Un bel  giorno costui diventa improvvisamente re; la felicità che ha tra le mani gli fa dimenticare la sua povertà. Capita lo stesso all'anima arricchita della gloria celeste: essa dimentica la sua originaria indigenza. Fa' dunque attenzione tu che mi ascolti e speri di essere l'erede di Dio e di unirti al suo Spirito; osserva bene come devi comportarti. Per quanto ne sei capace, sii degno della condotta che hai da seguire.

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