Lettera di Giovanni Paolo II al Reverendo Padre 14 maggio 1984 |
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«Silentio
et solitudini» di
Giovanni Paolo II Al
diletto figlio ANDREA POISSON Ministro
Generale dell'Ordine Certosino
«Attendere
al silenzio e alla solitudine della cella» è, come è noto, la più importante
applicazione e vocazione dell'Ordine Certosino, al quale tu presiedi . I
suoi membri, seguendo la singolare chiamata di Dio, sono passati «dalla
tempesta di questo mondo al sicuro e quieto riposo del porto», per vivere solo
di Dio. L'Ordine
Certosino si sforza di condurre tale «vita nascosta con Cristo» (Cf. Col. 3,3)
con lodevole energia e fermezza, già da novecento anni. Ciò
va giustamente messo in luce in questo tempo in cui si celebra la memoria della
sua fondazione. Infatti S. Bruno, uomo eminente, iniziò con alcuni compagni
questa forma di vita separata dal mondo nel luogo chiamato Certosa in diocesi di
Grenoble, verso il 24 giugno dell'anno 1084, giorno dedicato a S. Giovanni
Battista, «il più grande tra i profeti ed eremita», che i Certosini onorano
come celeste patrono dopo la Beatissima Vergine Maria. Commemorando un così felice avvenimento uniamo la nostra gioia alla vostra e congratulandoci con tutto il cuore di una così perseverante fedeltà, vogliamo approfittare di questa circostanza per esprimere a tutta la Famiglia Certosina la nostra particolare stima e il nostro paterno amore. Fin dai primi secoli della Chiesa, come è noto, vissero degli eremiti dediti alla preghiera e al lavoro nel deserto, uomini «che lasciato tutto, avevano abbracciato una vita celeste»; da loro prese origine la stessa vita religiosa. I
loro esempi provocarono l'ammirazione degli uomini e incitarono molti
all'esercizio della virtù. S. Girolamo, tanto per citare un testimone fra molti
altri, esaltò con parole ardenti questa vita nascosta dei monaci: «O deserto,
ornato dei fiori di Cristo! O solitudine, dove nascono le pietre con cui si
costruisce la città del gran Re, secondo la visione dell'Apocalisse! O eremo,
dove si gusta più familiarmente Dio!». Più
volte i Romani Pontefici approvarono e lodarono questa vita segregata dal mondo,
e recentemente, per quanto riguarda voi, Pio XI nella Costituzione Apostolica «Umbratilem»
e Paolo VI nella Lettera che ti mandò per il Capitolo Generale . Anche
il Concilio Vaticano II esaltò questa vita solitaria, con cui gli abitatori del
deserto seguono più da vicino Cristo dedito alla contemplazione sul monte, e ne
afferma la misteriosa fecondità promanante nella Chiesa . Infine
il nuovo Codice di Diritto Canonico ribadisce con forza questa verità
dichiarando che: «Gli Istituti interamente dediti alla contemplazione hanno
sempre un posto eminente nel Corpo mistico di Cristo» (can. 674). Tutto
questo si addice a voi, diletti monaci e monache dell'Ordine Certosino, che,
estranei al rumore del mondo, «avete scelto la parte migliore» (Cf. Lc.
10,41). Pertanto, nel rapido scorrere degli avvenimenti che afferrano gli uomini del nostro tempo, bisogna che voi, rifacendovi continuamente allo spirito originario del vostro Ordine, restiate saldi, con volontà incrollabile, nella vostra santa vocazione. Il
nostro tempo infatti sembra aver bisogno dell'esempio e del servizio di questa
vostra forma di vita. Gli
uomini di oggi, divisi fra opinioni divergenti e spesso turbati dal fluttuare
delle idee, indotti persino in pericoli di ordine spirituale dalla pubblicazione
di una moltitudine di scritti, e soprattutto dai mezzi di comunicazione che
hanno un grande potere sugli animi ma che talora sono in opposizione con la
dottrina e la morale cristiane, hanno bisogno di ricercare l'assoluto, e di
vederlo in certo modo provato da una testimonianza di vita. Dare
loro questa testimonianza è vostro compito. E
anche i figli e le figlie della Chiesa che si dedicano ad attività apostolica
devono, tra le realtà fluttuanti e transitorie del mondo, appoggiarsi sulla
stabilità di Dio e del suo amore, che vedono testimoniata in voi, che in modo
speciale ne siete partecipi in questo pellegrinaggio terreno. La
Chiesa stessa, che come Corpo mistico di Cristo ha tra i suoi principali compiti
il dovere di offrire incessantemente il sacrificio di lode alla divina Maestà,
ha bisogno della vostra pia sollecitudine, con cui quotidianamente «persistete
nelle veglie divine». Bisogna
tuttavia riconoscere che la vostra vita eremitica in questi tempi, in cui forse
si dà troppa importanza all'attività, non è sufficientemente compresa né
giustamente stimata, soprattutto di fronte alla mancanza di tanti operai nella
vigna del Signore. Contro
siffatte opinioni va affermato che i Certosini, anche in questo nostro tempo,
devono salvaguardare integralmente l'autentica fisionomia del loro Ordine. Questo è perfettamente conforme alla norma del nuovo Codice di Diritto Canonico, che, pur rammentando l'urgente necessità dell'apostolato attivo, protegge il carattere specifico della vocazione dei membri degli Istituti puramente contemplativi. Questo anche a motivo del servizio che essi offrono al Popolo di Dio, che «stimolano con il proprio esempio e dilatano con una misteriosa fecondità apostolica» (Cf. can. 674). Pertanto,
se per tale motivo i membri della vostra Famiglia «non possono essere chiamati
a prestare l'aiuto della loro opera nei diversi ministeri pastorali» (can.
674), non deve essere svolta da voi, se non straordinariamente, nemmeno
quell'altra forma di apostolato, consistente nell'accogliere persone esterne
desiderose di trascorrere qualche giorno nella sacra solitudine dei vostri
monasteri, perché questo non concorda con la vostra vocazione eremitica. Senza
dubbio i numerosi e rapidi mutamenti della società contemporanea, le nuove
teorie psicologiche che influenzano gli animi soprattutto dei giovani, e la
tensione nervosa di cui tanti oggi soffrono, possono far sorgere difficoltà
nelle comunità certosine, specialmente tra coloro che si trovano ancora nel
periodo di formazione. Perciò
dovete comportarvi con prudenza e fermezza - non trascurando però ogni sforzo
per comprendere le difficoltà dei giovani - in modo da conservare il vostro
autentico carisma nella sua integrità, senza deviare dai vostri collaudati
Statuti. Solo
una volontà infiammata d'amore di Dio e disposta a servirlo strenuamente in una
vita austera segregata dal mondo, aiuterà a superare gli ostacoli. La
Chiesa è con voi, diletti figli e figlie di S. Bruno, e si attende grandi
frutti spirituali dalle vostre preghiere e dalle vostre austerità che sostenete
per amore di Dio. Abbiamo
già avuto occasione di dire, parlando della vita consacrata a Dio: «L'importante
non è ciò che fate, ma ciò che siete». Ciò sembra applicarsi in modo
specialissimo a voi che vi astenete dalla vita attiva. Mentre
dunque commemorate le origini del vostro Ordine, certamente vi sentirete spinti
ad aderire con rinnovato ardore dell'animo e con gioia spirituale alla vostra
sublime vocazione. E
infine, sia segno dell'amore che ci ha dettato questa Lettera, e pegno di
abbondanti grazie del Cielo, la Benedizione Apostolica che di tutto cuore
impartiamo nel Signore a te diletto figlio e a tutti i monaci e le monache
dell'Ordine Certosino. Dal Vaticano, 14 maggio 1984, anno sesto del nostro Pontificato. Joannes Paulus pp.II
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