Dal 1826 ad oggi 

 

 

 

   

I Certosini non erano stati dimenticati, ché anzi se ne avvertiva la mancanza e si desiderava ardentemente riaverli vicini; si cercò di farli tornare e si fecero varie richieste, che trovarono accoglienza nel 1840, grazie alle premurose, vive, incessanti sollecitazioni dell'Arcivescovo di Rossano Mons. Bruno Maria Tedeschi, serrese e già arciprete del paese nativo. Ormai la Certosa era da riedificare completamente.

Dopo un fallito tentativo di ricupero della Certosa, per opera del Padre D. Stefano Franchet (1840-1844), un rescritto del Re di Napoli Ferdinando II, del 21 giugno 1856, dava

 

finalmente nuova vita alla Certosa, mettendo cioè in esecuzione il Decreto del 1840. Fu inviato come priore il portoghese D. Vittorio Nabantino, illustre personaggio con stretti legami con la Corte, il quale venne da Napoli col modesto seguito di alcuni certosini, accolti con grande entusiasmo e gioia dalla popolazione serrese.

Il 30 maggio 1857 il busto argenteo di San Bruno fu trasferito solennemente dalla chiesa matrice alla primitiva sua sede coll'intervento di numeroso clero, di molte congreghe, di soldati e di un'immensa folla.

I nuovi arrivati, sotto la guida dello zelante priore, in una precaria condizione di estrema povertà, senza più nessun bene, e un monastero quasi del tutto distrutto, che non era più nemmeno di loro proprietà, si accinsero con fede e coraggio a una lenta e faticosa ricostruzione della rovinata Certosa. Frattanto, nel 1860, avvenne anche l'annessione della Calabria allo Stato italiano cui passarono i beni demaniali, confiscati dai precedenti governi spagnoli e francesi. La situazione, già precaria, doveva aggravarsi con le leggi italiane del 1866. A causa di queste circostanze, la ricostruzione procedette stentatamente, finché non si ebbe un diretto e concreto intervento della Casa Madre, la Gran Certosa di Francia, «la quale nel 1887 acquistò dal Comune di Serra i ruderi della distrutta Certosa con il terreno racchiuso tra le sue mura e, nel 1894, nella previsione di una prossima espulsione, a causa di moti anticlericali, di tutti i religiosi dalla Francia, prese, in seguito ad un'ordinanza del Capitolo Generale dell'Ordine, la risoluzione di ricostruire, a proprie spese, totalmente la Certosa, incaricando per l'opera l'architetto francese Francesco Pichat»[1]

Il grandioso complesso edilizio fu costruito da maestranze locali, su progettazione e sotto la direzione del Pichat, dietro studiata continuazione dell'edilizia anteriore. Una parte direzionale dei lavori fu affidata anche al serrese Alfonso Scrivo, padre degli artisti Giovanni e Bruno Scrivo, che arricchirono la nuova chiesa della Certosa con loro pregevoli opere, tra cui il ricco altare e le due marmoree statue di S. Bruno e del beato Lanuino, opera di Giovanni, e i bassorilievi lignei dei quattro Evangelisti, scolpiti dal suo fratello Bruno, sacerdote.

 

 

 

La ricostruzione durò sino alla fine del secolo e venne inaugurata, il 13 novembre 1900, con la solenne consacrazione della chiesa, per mano del Vescovo serrese Mons. Giuseppe Barillari.

Nella chiesa del monastero sono custodite, sopra l'altare maggiore, oltre al busto argenteo contenente il cranio di San Bruno, le ossa del Santo Fondatore dell'Ordine certosino e del suo immediato successore, il beato Lanuino, conservate in un‘urna marmorea, con intarsiate le parole: «In morte quoque non sunt divisi».

Dell'antico monastero rimangono: l'antico priorato, il piano della biblioteca, la sala del Capitolo, il refettorio, le cantine con un pregevole atrio antistante alla dispensa, gli imponenti ruderi della chiesa e del chiostro dei procuratori con al centro un'artistica fontana granitica del Seicento, il vasto muro di cinta con i solidi torrioni cilindrici, costruiti nel 1534 a difesa dalle incursioni dei Saraceni, i due altari di marmo policromo del priorato e della cappella di famiglia; infine, ornamentazioni varie in granito, tra cui le eleganti cornici delle porte del refettorio, della sala del Capitolo, dell'entrata principale al chiostro e dell'antico appartamento del priorato nel cui giardino si può ancor oggi ammirare un'artistica fontana barocca, tre interessanti scalette a chiocciola costruite con abile virtuosismo, una che porta dall'antico giardino del priorato alla attuale foresteria interna, la seconda che dà accesso alla tribuna della chiesa e la terza nella torre dell'orologio; la multiforme decorazione floreale ai lati dei finestrini prospicienti il giardino del grande chiostro, e soprattutto l'espressiva statua seicentesca di S. Bruno e quella di Santo Stefano, che ornavano la monumentale facciata della chiesa dell'antica Certosa.

Dall’inizio del secolo XX ad oggi, la vita claustrale, nella ricostruita Certosa, è proseguita regolarmente, nonostante le vicende delle due guerre mondiali. Tra gli avvenimenti più importanti è da segnalare la visita alla Certosa del Papa San Giovanni Paolo II, il giorno 5 ottobre 1984, vigilia della festa di San Bruno, con la quale il Papa volle commemorare il IX centenario della fondazione dell’Ordine certosino. A meno di trent’anni di distanza, un altro Pontefice Benedetto XVI è venuto a Serra San Bruno il 9 ottobre 2011, confermando l’interesse e l’amore della Sede Apostolica per i Certosini.